La poesia e la sapienza del mondo, di Marco Ceriani

Per Giancarlo: Una lunga fedeltà alla poesia, di Alfredo Luzi

 

 

Giancarlo Quiriconi (1945-2018)


La saggistica


Ho conosciuto Giancarlo ad Urbino nel novembre del 1971 mentre percorreva via Veterani per recarsi all’Istituto di Filologia Moderna, una di quelle strade della città ducale in cui, come scrive Paolo Volponi, in Corporale, si ha “l’impressione, dopo qualche passo, di essere dentro una noce, concentriche le costruzioni e i vicoli, oppure dentro un organo animale”[1].
L’università di quegli anni, sotto la guida di Carlo Bo, era un crogiuolo di iniziative, incontri, congressi, lezioni, manifestazioni culturali. Anche grazie all’attività del Centro Internazionale di Semiotica, diretto con grande perizia da Pino Paioni, arrivavano ad Urbino Calvino, Sereni, Eco, Kristeva, Genot, Dubois, Todorov. E queste presenze davano l’occasione a studenti e professori di aprirsi alla cultura internazionale.
Allievo di Silvio Guarnieri a cui dedicherà alcuni suoi scritti e da cui erediterà sul piano metodologico l’attenzione al dato esistenziale assunto come occasione poetica nella scrittura creativa, Giancarlo arrivava all’università di Urbino, avendo vinto una borsa di studio biennale di addestramento didattico e scientifico presso la cattedra di Lingua e letteratura francese, tenuta da Carlo Bo, per poi passare al corso di Letterature comparate, impartito da Mario Luzi.
E proprio la comune passione per la poesia luziana ha corroborato per quasi mezzo secolo la nostra amicizia.
Nel 1968 avevo pubblicato da Vallecchi La vicissitudine sospesa. Saggio sulla poesia di Mario Luzi. Il saggio fu l’argomento di discussione in quel nostro primo incontro, il punto di partenza di un viaggio critico in parallelo, ognuno con la specificità dei propri studi, seguendo negli anni l’ampia produzione poetica e saggistica di Mario.
Giancarlo, che già nel 1975 aveva dedicato un suo scritto al poeta fiorentino nella rivista “Critica Letteraria”, nel 1978 collabora all’edizione del Libro di Ipazia, con una nota fondamentale per poter leggere in profondità il messaggio di figure drammatiche come Sinesio ed Ipazia, metafore delle lacerazioni della storia quando questa è dominata da opposti fanatismi miranti al potere.
Ma il saggio che costituisce un contributo rilevante nella critica luziana è Il fuoco e la metamorfosi. La scommessa totale di Mario Luzi, edito nel 1980 da Cappelli, vincitore di numerosi premi letterari.
Utilizzando con originalità metodologie diverse, all’incrocio tra la critica tematica, quella archetipica d’impronta bachelardiana, l’analisi stilistica e la sociologia letteraria, Giancarlo ricostruisce, in un linguaggio rigoroso e privo di orpelli retorici, la vicenda poetica di Luzi dalle prime prove giovanili fino al poema “Al fuoco della controversia”, in un continuo gioco fra testo e contesto che rispetta la dinamica fra nominazione e storicizzazione.
Dalla convinzione che la parola come evento sia già una dimensione drammaturgica e che il teatro sia lo spazio scenico della vita in cui s’instaura il rapporto tra io e realtà nasce nello studioso un forte interesse per l’opera drammaturgica di Mario Luzi, a cui dedica numerosi saggi. La postfazione a Teatro[2] dal titolo “Scene dal grande patema” è emblematica della capacità critica di Giancarlo nel connettere la produzione teatrale  a quella poetica.
La lunga fedeltà all’opera dello scrittore fiorentino è confermata da una fitta serie di articoli che hanno accompagnato, come puntuali commenti,  il cammino poetico di Luzi.
Il nostro sodalizio umano e letterario si rafforza nel nome di Vittorio Sereni, nella cui poesia troviamo entrambi le tracce del superamento dell’ermetismo e dell’innesto dell’ermeneutica fenomenologica nella poesia italiana del secondo Novecento. A partire dal 1980 Giancarlo scrive cinque saggi sulle opere dello scrittore di Luino, mettendo in evidenza la capacità di esprimere con i suoi versi l’inquietudine novecentesca.
L’influenza dell’ambiente fiorentino nella sua fase di passaggio dall’ermetismo ad una poesia più aperta verso l’alterità e verso il reale si fa comunque sentire. Giancarlo collabora, anche sul piano accademico, con Piero Bigongiari. Questa vicinanza intellettuale favorisce due assi di ricerca: da una parte si amplia l’interesse per i poeti fiorentini vicini all’ermetismo e dall’altra prosegue lo studio per i poeti simbolisti e surrealisti francesi, da Mallarmé ad Apollinaire a Michaux, e per i problemi teorici della traduzione, che Giancarlo aveva già avviato nel 1974 quando, sotto la guida di Décaudin, aveva lavorato sui documenti della fondazione Doucet. A quell’anno risalgono due saggi su Apollinaire e una proposta di traduzione di Calligrammes, mentre la traduzione di Igitur è del 1978.Nel contempo egli scrive saggi su Bigongiari e Betocchi che costituiscono contributi fondamentali per la lettura dei due poeti toscani.
A differenza di chi scrive, le cui linee di ricerca sono quasi sempre circoscritte ad un singolo autore, Giancarlo ha saputo anche realizzare una sintesi storiografica dei momenti e dei movimenti poetici contemporanei, offrendo una prospettiva molteplice della civiltà letteraria italiana più recente. I miraggi, le tracce. Per una storia della poesia italiana contemporanea[3] raccoglie scritti su Mallarmé, Ungaretti, Campana, Apollinaire, Pea, Betocchi, il surrealismo, Sereni, Luzi, Bigongiari, Zanzotto, Ramat, Mussapi. E’ un documento dell’interesse critico di Giancarlo per  “singole esperienze della poesia contemporanea […] che testimoniano il passaggio dalla illusione ancora prometeica di una poesia creatrice, divina e separata, alla consapevolezza che in essa ciò che parla è il murmure, ora chiaro, ora sordo, dell’esistere”.
Originale, in questa prospettiva, è l’impianto teorico-tematico di Antologie e poesia nel Novecento italiano[4] in cui sono raccolti scritti sulle antologie poetiche europee dai primi del Novecento alla metà degli anni Settanta, a testimonianza, come scrive Quiriconi, “del lavoro in comune di conoscenza della realtà, di contestazione e insieme di colloquio con il mondo e con l’alterità; il che precisamente è quanto ha costituito per tutto il novecento la molla identitaria della poesia”.

L’università

Nella sua carriera accademica Giancarlo ha incarnato, sia per opzioni personali, sia per difficoltà strutturali, la figura del clericus vagans, archetipo della vita universitaria e del ricercatore che si sposta dove trova soddisfatta la sua sete di sapere. I frequenti spostamenti di sede dall’università di Urbino a quella di Pisa, a quella di Firenze, fino alla chiamata all’università “G.d’Annunzio” di Pescara-Chieti nel 1998, gli hanno tuttavia offerto la possibilità di immergersi profondamente, anche attraverso l’attività didattica, nei vari contesti culturali in  cui si è trovato ad operare. Ma in Giancarlo c’era anche una sorta di nomadismo psicologico che lo spingeva a conoscere mondi diversi e a confrontarsi con essi. Era in questo senso un ulisside della conoscenza. Nel mio ricordo, basato sui colloqui e sulla corrispondenza tra noi intercorsa, i periodi di visiting professor hanno avuto un impatto esistenziale molto diverso. Nel Brasile del 1990, afflitto da un debito pubblico fuori controllo e da una mortalità infantile che raggiungeva il 50%, Giancarlo, nell’università di San Paolo, dove aveva insegnato Ungaretti, e nell’università di Florianopolis, immersa in un paesaggio incantevole, trovava spazio per una serenità psicologica favorita anche dal buon rapporto didattico con gli studenti. Con coraggio accettò l’invito di Ghan Singh, illustre studioso di Leopardi ed amico di Luzi, a tenere corsi all’università di Belfast, negli anni 1992 -1994,  nel periodo più violento del conflitto nord-irlandese tra IRA ed esercito britannico. In questa esperienza, vivendo in una città in cui la morte era legata ai giochi del caso, Giancarlo viveva il suo insegnamento come una sorta di resilienza contro la violenza, convinto com’era che la letteratura favorisse la conoscenza dell’altro, l’attitudine alla pace.

I congressi


Giancarlo è stato anche un infaticabile organizzatore di incontri culturali. Il convegno tenutosi ad aprile 2013 all’Università di Chieti sull’opera di Vittorio Sereni è stata, ad esempio, l’occasione per un bilancio critico consuntivo su uno dei poeti più rappresentativi della modernità letteraria.
Negli ultimi anni egli aveva accettato l’invito di Giulio Firpo, presidente dell’Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze di Arezzo, a fare da consulente letterario. Sono così nati gli incontri su Mario Luzi, sugli scrittori della Grande Guerra, su Elio Vittorini, su Camillo Sbarbaro, di cui sono testimonianza gli atti regolarmente pubblicati dall’Accademia dopo ogni convegno.
Per molto tempo il nostro amico è stato anche presidente della sezione ‘Narrativa’ del Premio Lettterario Casentino.
Giancarlo non si limitava alla realizzazione pratica degli eventi, ma partecipava attivamente sul piano scientifico proponendo relazioni di alto livello critico. Tra gli amici circolava la storiella, un po’ pettegola, dei suoi “scartafacci”: Giancarlo leggeva i suoi interventi in taccuini dalla scrittura fitta e minuta. Non aveva una vista da falco, eppure riusciva a non incepparsi e ad esporre il suo pensiero al pubblico con serena dialogicità.
La sua generosa partecipazione ai lavori del Premio Mario Luzi istituito da Katia Migliori a Colli del Metauro, il paese degli avi del poeta fiorentino, è stata per me un’occasione felicissima per godere della sua umanità cordiale.
Ora che la morte ha spezzato questo legame prezioso per la mia vita, voglio ricordare Giancarlo con la luminosa immagine con cui il nostro amato Sereni apre l’implicita ottativa de Il grande amico[5]:

 

Un grande amico che sorga alto su me
e tutto porti me nella sua luce,
che largo rida ove io sorrida appena
e forte ami ove io accenni a invaghirmi….

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Como citar: LUZI, Alfredo. "Per Giancarlo: Una lunga fedeltà alla poesia". In "Literatura Italiana Traduzida", v. 1, n. 10, out. 2020. 

Disponível em https://repositorio.ufsc.br/handle/123456789/213482


[1] VOLPONI, Paolo. Corporale. Torino: Einaudi, 1974, p. 227.
[2] LUZI, Mario. Teatro. Milano: Garzanti, 1993.
[3] QUIRICONI, Giancarlo. I miraggi, le tracce. Per una storia della poesia italiana contemporanea. Milano: Jaca Book, 1989.
[4] QUIRICONI, Giancarlo. Antologie e poesia nel Novecento italiano. Milano: Bulzoni, 2005.
[5] SERENI, Vittorio. Il grande amico. Poesie 1931-1985. Milano: BUR - Biblioteca Universale Rizzoli, 2004.