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Literatura Italiana Traduzida ISSN 2675-4363
Giovanni Verga
Melodramma
Sandra Dugo
em
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Imagem: pxhere.com |
Cavalleria Rusticana interpreta lo stile verghiano della rappresentazione della realtà,
tanto che Giovanni Verga oltre a essere uno scrittore era anche un eccellente
fotografo[1].
La novella è inserita nella prima raccolta del verismo italiano Vita dei campi, racconta la realtà
quotidiana del popolo siciliano; scritta nel 1880 diventa opera teatrale nel
1884[2].
Per tutta la durata il breve racconto ha una caratterizzazione passionale ma
non drammatica fino all’imprevisto epilogo finale della morte di Turiddu. I
personaggi vivono sentimenti contrapposti, assistiamo all’intreccio di emozioni:
amore e odio, affetto e rabbia, fino a giungere all’episodio finale dove la
forza tragica si condensa all’improvviso, quando il dramma della gelosia
reprime gli altri sentimenti col suo forte potere distruttivo. Alla trama complessa,
costituita da episodi improvvisi, fa da sfondo la descrizione dell’ambiente naturale
e paesaggistico, in cui la gente del popolo è narrata con semplicità.
È la tecnica narrativa verista che svela la complessità della natura umana, immersa nel reale contesto storico e sociale. Tuttavia quella che apparentemente sembra una sicilianità tradizionale è anche l’italianità sentimentale e romantica passionale, ispiratrice di svariati lavori teatrali, opere liriche e soprattutto interessanti adattamenti cinematografici. L’obiettivo di questo studio e analizzare il processo di trasformazione dalla novella verghiana nel melodramma verista di Pietro Mascagni, fino a giungere alla trasposizione dell’opera lirica nel film di Franco Zeffirelli[3]. Si tratta di traducibilità di linguaggi diversi, in cui possiamo individuare rapporti di intertestualità a vari livelli fra la novella, l’opera lirica e il film.
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Giovanni Verga e Luigi
Capuana, Catania. Foto: Federico De Roberto |
È la tecnica narrativa verista che svela la complessità della natura umana, immersa nel reale contesto storico e sociale. Tuttavia quella che apparentemente sembra una sicilianità tradizionale è anche l’italianità sentimentale e romantica passionale, ispiratrice di svariati lavori teatrali, opere liriche e soprattutto interessanti adattamenti cinematografici. L’obiettivo di questo studio e analizzare il processo di trasformazione dalla novella verghiana nel melodramma verista di Pietro Mascagni, fino a giungere alla trasposizione dell’opera lirica nel film di Franco Zeffirelli[3]. Si tratta di traducibilità di linguaggi diversi, in cui possiamo individuare rapporti di intertestualità a vari livelli fra la novella, l’opera lirica e il film.
Tra
la metà dell’Ottocento e il primo Novecento la riscrittura dei testi narrativi
nei libretti per la rappresentazione delle opere liriche a teatro caratterizza
la nostra letteratura; si pensi che il melodramma è un genere teatrale
italiano. Il libretto per l’opera musicata da Mascagni Cavalleria Rusticana fu scritto da Giovanni Targioni-Tozzetti e da
Guido Menasci. Verga non amava l’opera per l’uso che venne fatto da altri trasformandola
in opera lirica esaltando l’aspetto pittoresco di una Sicilia irreale e esaltando
in modo esagerato la gelosia e mi riferisco ovviamente al già appena citato
Giovanni Targioni-Tozzetti e a Guido Menasci. Avrebbe voluto un’opera musicata sobria
per piccola orchestra, che raccontasse con semplicità l’aspetto campestre
siciliano e invece nell’opera lirica venne rappresentato un popolo diverso[4].
Si pensi che lo scrittore narrava la quotidianità della gente siciliana sia
nelle novelle di Vita dei campi che in
Novelle Rusticane, i cui temi principali sono il lavoro di
uomini che amano la vita semplice, immersi nella natura aspra e assolata
dell’isola, contraddistinta dai colori contrastanti dell’ambiente agricolo e dalla
fertilità della terra.
L’opera
lirica omonima fu composta da Mascagni (1890) ed è il melodramma verista nato
dalla trasposizione del testo teatrale verghiano. Tuttavia il nostro studio
deve avere una visione prospettica omogenea, per non rischiare di separare in categorie
distinte i generi narrativo, teatrale e operistico, facendo una classificazione
per categorie, rischiando di non comprendere a fondo. In realtà si è trattato della
graduale trasformazione del teatro romantico e del romanzo ottocentesco nel
genere italiano del melodramma[5].
Si può ipotizzare un retaggio filosofico del verismo italiano quasi in rapporto
dialettico con il positivismo, penso naturalmente ai personaggi e al racconto
della realtà locale. L’opera di Mascagni ha queste caratteristiche e la sua fortuna
critica sembra essere nata per caso, quando la casa musicale Sonzogno la scelse
come opera vincitrice del concorso di composizione per giovani artisti[6].
Riflettendo
sulla trasposizione nell’opera lirica e poi nel film, si noti che il narratore
onnisciente esterno scompare, alterando la novella di Verga. Un cambiamento
importante è l’inserimento della cantata La
Siciliana nell’opera di Mascagni che
interpreta l’aspetto popolare e sembra avvicinarsi maggiormente alla novella
verghiana, ma in realtà non lo è affatto; ed è bene sottolineare il dissenso
totale di Verga sulle trasformazioni della sua opera. L’aria cantata è
intitolata O Lola ch’hai di latti la
cammisa, vero è che Verga ha solo accennato a vaghe canzoni cantate dal
personaggio Turiddu sotto la finestra di Lola, per la mancanza di attenzione
della donna per lui. In realtà lo scrittore non citò nessuna canzone nella
novella e nemmeno nel testo teatrale. Cito la traduzione in italiano della Siciliana
Lola, il tuo vestito è bianco
come il latte,
sei bianca e rossa come una
ciliegia,
quando ti affacci le tue
labbra sorridono,
Beato è chi ti dà il primo
bacio!
nella tua porta il sangue è
sparso,
e non mi importa se sarò
ucciso lì.
E se io muoio e vado in
paradiso,
La Siciliana ha un carattere romantico per
la scelta musicale di Mascagni e rappresenta un elemento interessante che
evidenzia il carattere popolare per la scelta del dialetto. Il testo teatrale
ha subìto molte variazioni nell’opera lirica, alterando lo stile verghiano
sobrio. È fondamentale riflettere sulla definizione del termine “verismo” e sul
reale significato. Cosa intendiamo per “Verismo”? È la rappresentazione del
popolo e della sua vita quotidiana resa nella narrazione con sobrietà. Infatti
nella narrativa verista italiana non leggiamo espressioni eccessive o esagerate,
e la caratteristica principale è la semplicità del linguaggio.
Riflettiamo
ora sulla relazione tra gli aspetti linguistici della traducibilità del
linguaggio teatrale in quello cinematografico, come metamorfosi di un sistema
di codice nell’altro; e nello specifico analizziamo l’intertestualità tra la novella,
il testo teatrale, l’opera lirica e l’opera-film di Zeffirelli. Come
identificare i livelli estetici dell’interazione tra le opere e l’adattamento
cinematografico? Qui si propone l’analisi di generi diversi, il narrativo, il
teatrale e l’opera lirica che è diventata film, dove la scenografia è l’ambiente
naturale e non il palcoscenico teatrale. Tuttavia esistono elementi in
correlazione tra le opere anche se i sistemi di comunicazione sono differenti:
il primo con i lettori e l’altro con il pubblico del cinema. Il set
cinematografico ha determinato l’inserimento di scenari diversi rispetto all’opera
originale. La transcodificazione dei testi verghiani nel film avviene
attraverso una serie di relazioni tra le opere, ed è un processo di trasformazione
da un sistema di segni in un altro. Pensando alla nuova creazione di Zeffirelli
dobbiamo considerare che poteva ispirarsi all’opera originale oppure basarsi
sulla creatività del regista, dando maggior spazio alla fantasia, sapendo che
il linguaggio filmico è un sistema di segni verbali e visivi diverso dal narrativo.
Sicché l’opera filmica suggerisce una dimensione non consentita a quella
narrativa-teatrale, tanto che assistiamo al ribaltamento prospettico delle
scene e all’inserimento di varianti stilistiche, cioè alla re-invenzione con
scenari nuovi inesistenti nei due testi di Verga (la novella e la commedia
teatrale).
Per
comprendere a fondo il lavoro di Zeffirelli non si può prescindere dallo
sviluppo che c’è stato, tanto che è chiaro che l’opera-film ha ereditato in
parte la tradizione teatrale italiana. Pertanto il rapporto tra la commedia
verghiana e il film apre nuovi percorsi di studio dal punto di vista semantico
e filologico, ma anche per l’analisi della metamorfosi e della ri-creazione delle
scene del film, diventando uno studio della trasposizione di generi anche per l’aspetto
sociologico. A questo punto è facile riflettere sull’esito della trasformazione
del teatro italiano nel melodramma verista e infine nell’opera-film. Una felice
contaminazione fra drammaturgia, lirica e il remake cinematografico.
Zeffirelli
ha rappresentato l’ambiente rurale, girando il film in primavera nelle campagna
con prati verdi, tronchi di ulivo che sembrano scolpiti da un artista, maestosi
alberi di fichi d’India caratteristici nell’isola, mentre i quadri sociali sono
rappresentati da gruppi di donne e di uomini al lavoro, impegnati nel quotidiano
lavoro contadino; in una scena vediamo le donne che lavano i panni alla
fontana, come si faceva anche a Roma nel fiume Tevere e nelle campagne venete, perché
il popolo dei semplici esisteva sia al nord che al sud d’Italia[8].
Le donne trasportano i recipienti pieni di olio e di vino, le quartare simili alle
giare di Pirandello, come nei piccoli centri del Lazio[9].
Nel frattempo cantano in coro: “Gli aranci olezzano sui verdi margini, cantan
le allodole tra i mirti in fior”.
La Siciliana è un canto che evidenzia
l’aspetto popolare per la scelta del dialetto[10];
fu introdotto da Giovanni Targioni-Tozzetti nel libretto per l’opera lirica e
ha un carattere romantico per la scelta della base musicale di Mascagni. E qui Zeffirelli
ha aggiunto alcuni quadri mitici: Turiddu va via a cavallo all’orizzonte,
mentre Santuzza, spinta dalla gelosia, lo segue nascondendosi per non farsi
vedere e mentre Alfio lo sta osservando da lontano a bordo del carretto
trainato dal cavallo. Sullo sfondo, all’orizzonte, l’ambiente rurale della
Sicilia, con i muretti bianchi che separano i lotti di terra gli uni dagli altri,
nella penombra delle prime luci dell’alba.
Il
film Cavalleria Rusticana uscì nel
1982, fu girato a Vizzini[11]
in provincia di Catania e nella città di Palazzolo Acreide, in provincia di
Siracusa. Dall’opera lirica il dramma dei personaggi protagonisti si trasforma
nel film con un’interpretazione cantata e recitata, caratterizzata dall’intensità
espressiva del tenore Plácido Domingo, (Turiddu) e dalla mezzosoprano russa
Elena Obraztsova (Santuzza), e da Axelle Gall (Lola).
A
teatro si rappresentano passioni e sentimenti, fingendo che siano veri mediante
la capacità di assumere una funzione rilevante nella recitazione con la mimica
del corpo; nel cinema invece si cercano nuovi linguaggi comunicativi, creando
scenari che mostrino l’ambiente rurale e paesaggistico. Si può parlare di
linguaggio semiotico attraverso i segni? E di quali segni dobbiamo parlare?
L’adattamento
cinematografico dell’opera teatrale è la rappresentazione della realtà sociale
in cui l’uomo vive pirandellianamente la tragicità di essere umano, cosa che
esige lo studio dell’impostazione interdisciplinare tra critica letteraria e
analisi antropologica e sociologica. I sentimenti dei personaggi si alternano
rapidamente: l’amore, la passione, l’innamoramento, la gelosia, il dolore del
tradimento, la rabbia. I sentimenti contrastanti si condensano nella scena
finale del duello, teatralizzato da Zeffirelli nella visione panoramica
dall’alto, che non sembra essere tragica, perché la scena del duello tra i due
uomini è brevissima, e si intravede appena il momento in cui Turiddu viene
ferito a morte. L’epilogo ha piuttosto un carattere spettacolare e si distingue
dalla novella verghiana e dal testo teatrale in cui la descrizione del duello è
inesistente.
Il
processo evolutivo si articola in fasi diverse: la novella, il testo teatrale, l’opera
lirica composta da Mascagni e l’adattamento cinematografico dell’opera-film di
Zeffirelli[12]. Ebbene, si può pensare
alla traducibilità di linguaggi diversi, cioè alla transcodificazione dal testo
narrativo al film. Anche se il testo verghiano è stato riscritto nel libretto
da Giovanni Targioni-Tozzetti e da Guido Menasci per Mascagni, l’evoluzione va
individuata nella scelta del melodramma musicale verista che non rappresenta
solo la quotidianità del popolo, ma ha anche un carattere romantico. L’esito
finale è il riadattamento di Zeffirelli: il palcoscenico teatrale vivente è lo
sfondo della città di Vizzini. L’elemento pittoresco è predominante tanto che
osserviamo ovunque una varietà di particolari arborei, di oggetti posti nello
spazio ambientale naturale in una visione d’insieme; ritengo che sia l’esito
della trasposizione cinematografica per scelta voluta dal regista. Credo che questa
sia la fase finale della trasformazione che ha dato origine al nuovo genere contemporaneo
dell’opera-film; evoluzione che meriterebbe un’analisi più ampia, ma mi
limiterò a segnalare brevemente alcuni elementi.
Il
racconto dei sentimenti contrastanti caratterizza il rapporto conflittuale tra
i personaggi, come accade nella realtà. Verga però voleva celebrare l’aspetto
positivo dei sentimenti, evidenziando la natura di esseri umani; voleva celebrare
il sentimento dell’amore, il dolore per il tradimento, la gelosia, la rabbia,
l’onore offeso, e soprattutto la quotidianità del lavoro contadino. Nel
passaggio dall’opera teatrale alla trasposizione cinematografica si nota l’enfatizzazione
dell’aspetto emozionale, considerando che la realizzazione cinematografica
punta soprattutto sull’aspetto visivo del racconto filmato. È la teatralità
della trasposizione cinematografica[13].
Nell’opera
teatrale invece Verga voleva la recitazione naturale non enfatizzata, lo
conferma il brano della lettera al Capuana da Regoledo, sul lago di Como,
datata il 18 agosto 1884, in cui scrive: “questa commediola va recitata male
per essere resa bene, cioè senza enfasi né effetti teatrali. Io voglio la
stessa semplicità e la stessa naturalezza della gente che parli e si muova come
i contadini e non sappia di recitare”[14].
È lo stesso linguaggio quotidiano, senza enfasi, usato anche da Capuana, De
Roberto e Pirandello. Nella lettera citata Verga sembra accennare all’idea di mettere
in scena non attori ma persone vive in un ambiente realistico con uno stile
vivace. Manifestò il suo rammarico per la trasformazione della sua opera per le
modifiche apportate nell’adattare il testo alla composizione musicale e
cambiando le scene per la nuova ambientazione della rappresentazione lirica.
Verga non condivideva l’esaltazione di aspetti scenici che lui non aveva mai
creato.
Zeffirelli
ha scelto vari dettagli che mostrano un’ambientazione che vuole somigliare allo
stile di Verga: la religiosità regionale con l’abito nero contrastante con il
bianco lunare della scalinata della Chiesa, dove viene mostrato in primo piano
l’interno dorato con grossi ceri bianchi e a poca distanza l’immagine della
Madonna con il cuore trafitto. Seguono le scene di vita quotidiana popolare evidenziate
dalla stalla nel piano terra della casa, come era consuetudine nello stile di
vita rurale dell’epoca. Le scene in cui vediamo i grandi alberi di fichi
d’India, di ulivi, e di mirti fanno da sfondo alla vicenda e assistiamo al
passaggio di gruppi separati: il coro delle donne e il coro degli uomini. La
campagna verde percorsa dalle donne indica la fertilità, infatti il coro dell’introduzione
recita: “Gli aranci olezzano sui verdi margini, cantan le allodole tra i mirti
in fior”. Passano gruppi di giovani contadini che rientrano sul tradizionale
carretto siciliano. Mentre le donne portano le anfore contenenti vino e olio
secondo l’uso dell’epoca. È evidente che Zeffirelli ha voluto raccontare una
Sicilia agricola, rurale, fertile e ricca di energia vitale, che offre i frutti
della terra attraverso l’immagine della fertilità e della vita, cercando di
ricreare lo stile verista di Verga. Mascagni si inserisce nella tradizione
dell’opera italiana fine secolo XIX con un certo gusto per i temi del verismo
musicale italiano.
Riferimenti bibliografici
ALFIERI, Gabriella in “Scene popolari” verghiane tra “commedia
villereccia” e “drammettino” suburbano: lettura sinottica di Cavalleria
rusticana e In Portineria.
GIACHERY, Emerico, Verga e D’Annunzio. Ritorno a Itaca. Roma:
Edizioni Studium, 1991.
GIBELLINI, Pietro, Tre coltellate per compare Turiddu. Lettura
antropologica di Cavalleria rusticana. Disponibile su:
https://www.liberliber.it/mediateca/libri/g/gibellini/tre_coltellate_per_compare_turiddu/pdf/tre_co_p.pdf Consultato il 05/01/2021.
VERGA, Giovanni, Carteggio Verga-Capuana. Gino Raya (org). Roma: Edizioni
dell’Ateneo, 1984.
_______________, Teatro. Gianni Oliva (org.). Milano: Garzanti, 1987.
_______________, Novelle. Giulio Carnazzi (org.). 2 voll., Milano: Rizzoli, 1992.
ZAPPULLA MUSCARÀ, Sarah. “Cavalleria
Rusticana di Giovanni Verga fra teatro, melodramma e cinema”. In Studi Polacco-Italiani di Toruń, v.10, Toruń:
Università Nicolaus Copernicus di Toruń, 2014, pp. 133-150.
______________________________
Como citar: DUGO, Sandra. "Dalla novella verghiana al melodramma Verista". In "Revista de Literatura Italiana", v. 2, n. 3, mar. 2021. Disponível em: https://repositorio.ufsc.br/handle/123456789/221245
[1] La Fondazione Giovanni Verga di Catania, conserva le opere e l’archivio
fotografico di 1300 autori italiani e stranieri, oltre a Verga che era anche un
eccellente fotografo. https://archive.org/stream/giovanniverga00russuoft#page/2/mode/2up.
http://www.fondazioneverga.it/
Consultati il 05/01/2021. Era consuetudine tra gli scrittori dell’epoca
fotografarsi a vicenda ma non sono stati resi noti i loro nomi, soprattutto
perché non firmavano le foto scattate. Tuttavia posso ipotizzare qualcuno di
loro: Federico de Roberto.
[2] Dalla novella Verga creò anche la versione teatrale. Nel 1888, nella
lettera indirizzata a Capuana scrisse che il dramma teatrale gli sembrava un
impoverimento “c’è sempre una
diminuzione dell’opera d’arte,
nel passare per un’altra interpretazione, fosse pure Domeneddio
l’interprete”, riferendosi alla riscrittura della novella in testo teatrale. Ma
il successo della prima rappresentazione con
Eleonora Duse (1884) lo sorprese. VERGA, Giovanni, Carteggio Verga-Capuana, G. Raya (org). Roma: Edizioni dell’Ateneo,
1984, p. 291. Grazie al suggerimento di Gibellini: GIBELLINI, Pietro, Tre coltellate per compare Turiddu. Lettura
antropologica di Cavalleria rusticana. Disponibile su:
[3] Il film è disponibile su: https://www.youtube.com/watch?v=arqnoxvtzZ4.
Consultato il 05/01/2021.
[4] Lettera a Giuseppe Perrotta, VERGA,
Giovanni, Carteggio Verga-Capuana,
op. cit. Non essendo stato citato nell’opera lirica, Verga intentò una causa
per plagio a Mascagni e alla Sonzogno per rivendicare i diritti di autore e vinse,
ottenendo il risarcimento di metà dei guadagni ricavati dall’opera.
[5] Non dimentichiamo l’influenza che il naturalismo e il positivismo
hanno avuto im piccola parte sul verismo italiano.
[6] Precisiamo che il melodramma italiano è iniziato con Giuseppe Verdi e
che la sua trasformazione è proseguita con Giacomo Puccini e Ruggero Leoncavallo.
[7] Il testo originale in dialetto siciliano: “O Lola ch’ai di latti la
cammisa / si bianca e russa comu la cirasa, / quannu t’affacci fai la vucca a
risa. / Biato cui ti dà lu primu vasu! / Ntra la porta tua lu sangu è sparsu, /
e nun me mporta si ce muoru acciso. / E s’iddu muoru e vaju mparadisu / si nun
ce truovo a ttia, mancu ce trasu. / E s’iddu muoru e vaju mparadisu / si nun ce
truovo a ttia, mancu ce trasu”. TARGIONI-TOZZETTI, Giovanni; MENASCI, Guido. Zanetto e Cavalleria rusticana, disponibile
su: http://www.cantarelopera.com/opere/libretti/P.Mascagni_-_Cavalleria_Rusticana.pdf.
Consultato il 05/01/2021.
[8] L’espressione “semplici” non va confusa con gli “umili” protagonisti
del romanzo manzoniano dei Promessi sposi,
innanzitutto per la collocazione cronologica, infatti tra il Manzoni e Verga
passa mezzo secolo di tempo. Inoltre gli umili vivono in un contesto storico
differente da quello dei “semplici” di Verga. Renzo e Lucia si affidano alla
fede in Dio per affrontare le loro difficoltà, diverso è il contesto storico e
ambientale in Verga che descrive con occhio attento la realtà quotidiana dei
contadini e dei pescatori di Aci Trezza nei Malavoglia,
dove non c’è niente in comune con la provvidenza divina dei personaggi
manzoniani. Quindi è molto importante non confondere i due scrittori
soprattutto perché dal punto di vista linguistico gli obiettivi erano completamente
diversi: Manzoni impiega venti anni per creare la lingua appropriata vicina ai
due giovani promessi sposi che sono “umili”, mentre Verga fa parlare ai suoi
personaggi un italiano arcaico che sembra quasi appartenere a una Sicilia senza
tempo immersa nella sua affascinante isola.
[9] Le quartare sono recipienti di terracotta con due manici ai lati;
erano usate dai contadini per il trasporto e la conservazione del vino e
dell’olio. Le giare avevano la stessa forma e l’unica cosa che le differisce
dalle quartare è la denominazione differente nelle altre regioni della Sicilia
rurale.
[10] È interessante l’aria cantata dal pastorello in dialetto romanesco Io de' sospiri, inserita nel terzo Atto della
Tosca di Giacomo Puccini.
[11] Vizzini è la città natale di Verga. La storia narrata non ha alcun riferimento
a nessun fatto simile accaduto a Vizzini dopo il 1861. Ebbene, il nostro studio
si basa sui documenti di archivio, sul carteggio epistolare, ignorando i giornali
e internet che raccontano fantasie leggendarie. Anche Gabriele D’Annunzio narra
un duello nel romanzo Il piacere,
ambientato a Roma, ispirato dalla fantasia.
[12] Va detto che l’opera di Verga ha avuto dieci trasposizioni filmiche
dal 1910 al 1996, compreso anche il lavoro di Zeffirelli.
[13] Anche nel melodramma ottocentesco era
consuetudine raccontare le relazioni d’amore conflittuali tra l’uomo e la donna
(Il ballo in maschera, Aida), elementi che sono presenti anche
nella narrativa del primo Novecento.
[14] Preziosa segnalazione di Sarah Zappulla Muscarà che scrive:
“Nonostante l’insperato felice consenso di Cavalleria rusticana, dovuto in
parte al sostegno degli amici critici, alla notorietà dello scrittore e
soprattutto all’interpretazione della Duse, Verga sottolinea questo al Capuana
da Regoledo, sul lago di Como, il 18 agosto 1884”. MUSCARÀ ZAPPULLA, Sarah.
“Cavalleria Rusticana di Giovanni Verga fra teatro, melodramma e cinema”. In Studi Polacco-Italiani di Toruń, v.10,
Toruń: Università Nicolaus Copernicus di Toruń, 2014, pp. 133-150.
Disponibile su: https://apcz.umk.pl/czasopisma/index.php/TSP-W/article/view/TSP-W.2014.007/4730.
Consultato il: 05/01/2021.
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