La poesia e la sapienza del mondo, di Marco Ceriani

Il linguaggio giovanile in italia, di Alfredo Luzi

 

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“Il linguaggio è il mistero che definisce l'uomo,
in esso l'identità e la presenza storica dell'uomo si esplicano in maniera unica.
È il linguaggio che separa l'uomo dai codici segnaletici deterministici,
dalle disarticolazioni, dai silenzi che abitano la maggior parte dell'essere.
Se il silenzio dovesse tornare di nuovo in una civiltà in rovina,
sarebbe un silenzio duplice, forte e disperato per il ricordo della Parola.”

( George Steiner, Linguaggio e silenzio )

 

Edgar Radtke , nei suoi studi[1], ha spiegato come i linguaggi giovanili si formino ovunque, all'interno di lingue anche molto diverse tra loro, precisando che eventuali affinità e differenze possono individuarsi o per ragioni geografico-culturali (distanza/vicinanza di rapporti) o per la variabilità sociale del concetto di giovaneche in questi ultimi decenni ha ampliato, soprattutto in Italia, il suo spazio generazionale. La dimensione internazionale del linguaggio giovanile trova anche una sua motivazione nella tendenza, in alcune varietà, ad accogliere e a diffondere lemmi utilizzati a livello trans-nazionale, sulla base di un atteggiamento psicologico e sociologico di opposizione alla lingua standard della vita quotidiana o di inserimento dei cosiddetti giovani in un contesto cosmopolita. Ad esempio in Italia, per crearsi un lessico differenziato da quello dell'italiano comune, i giovani ricorrono a procedimenti metaforici che sono presenti anche in altri ambienti giovanili europei, determinando una certa omogeneità lessicale. Una sola campionatura della contiguità semantica della metafora sarà sufficiente ad illustrare questo meccanismo: mentre gli adolescenti italiani nel riferirsi a persone anziane, in particolare ai genitori, usavano ed usano l'appellativo di semifreddi, o quello, vagamente colto, di sapiens, i francesi adottano la formula PPH (pepehasce) e cioè “passera pas l'hiver”, i tedeschi li gratificano con Mumien.
È indubbio che questi procedimenti retorici hanno un carattere prevalentemente anti-normativo.
In Italia fino ai primi anni Cinquanta, non essendoci una netta opposizione tra giovani e non giovani, sono presenti alcuni elementi isolati di linguaggio alternativo che solo più tardi perderanno il loro carattere gergale per assumere una valenza linguistica più vasta. Ma è altrettanto vero che sul piano della tenuta temporale il linguaggio giovanile è piuttosto labile e veicola una realtà di breve durata e circoscritta all'ambito sociologico-generazionale di riferimento. È il caso del lemma libidine utilizzato per caratterizzare qualcosa che dà gusto, che è piacevole al sommo grado, molto diffuso tra i giovani negli anni tra il 1985 e il 1988 ma già dopo questa ultima data sempre meno presente nel loro linguaggio. Oppure si pensi alla frequenza di termini come matusa = vecchio come Matusalemme, o come nisba = no, risposta negativa, presenti nel giovanilese degli anni Settanta ed oggi quasi scomparsi.
In passato in Italia svolgeva una funzione aggregante e centralizzante la famiglia e i problemi, anche linguistici, dei giovani venivano percepiti come marginali, o comunque non significativi di un settore specifico della società. Ciò spiega sul piano della ricerca sul campo perché il linguaggio giovanile sia più radicalizzato e vasto al Nord che al Sud, dove, nonostante i rapidi mutamenti delle classi sociali in Italia, è più difficile per i giovani costituirsi come gruppo sociale autonomo. E spiega anche, sul piano del metodo, la scarsità di studi diacronici. In compenso l'erosione dei dialetti come codici comunicazionali dell'emotività e l'affermarsi di una lingua mass-mediatica standardizzata in TV, radio, giornali, fumetti e, da qualche decennio, in Internet, hanno favorito la nascita di un linguaggio giovanile standard, diffuso a livello nazionale, ma ramificato in varietà gergali in cui l'uso dell'italiano medio si intreccia con l'esigenza di una comunicazione espressiva ricca di tratti affettivi.

Alla base della produzione del linguaggio giovanile ci sono motivazioni psichiche vicine a pulsioni narcisistiche. Per marcare la propria identità i giovani tendono a distinguersi, anche linguisticamente, dagli altri gruppi e nello stesso tempo l'uso di un linguaggio differenziato rispetto all' IS veicola la volontà di rafforzare l'identità del gruppo rispetto all'esterno. L'atteggiamento linguistico diventa così lo specchio dell'atteggiamento sociale, nella dinamica relazionale tra identità e collettività, ribellione e nostalgia, controllo del territorio e percezione dello spazio dominato da altri, mascheramento e svelamento, omologazione e deviazione. Non a caso la sociolinguistica ha parlato anche della varietà giovanile dei linguaggi come un fenomeno con componenti spesso ludiche di ‘deviazione’ dalla lingua standard che tende ad essere neutra, priva di soggettivizzazione.

La dimensione internazionale del linguaggio giovanile è al contrario confermata dalle formule di saluto. In tutta Europa ma forse in tutto il mondo ormai si usa l'italiano ciao, magari deformato in iao, senza la consapevolezza di un legame con il pronome della seconda persona singolare, quasi un atto perlocutorio neutro. Su questa linea è da registrare l'uso invalso nella appellazione del Tu e del chiamarsi per nome, sotto l'influenza dell'americano, le cui modalità linguistiche sono assunte come forme di modernità. Umberto Eco, in una sua recente Bustina di Minerva nell'“Espresso” del 28 agosto 2008, ha dedicato a questo fenomeno un articolo divertentissimo di cui riporto un breve brano:
 
In un emporio mi sono visto (io settantaseienne e con barba bianca) trattato col Tu da una sedicenne (che non ha probabilmente mai conosciuto altro pronome personale), la quale è entrata gradatamente in crisi solo quando io ho interagito con espressioni quali “gentile signorina, come Ella mi dice...”. Deve aver creduto che provenissi da Elisa di Rivombrosa, tanto mondo reale e mondo virtuale si erano fusi ai suoi occhi, e ha terminato il rapporto con un “buona giornata” invece di “ciao”, come dicono gli albanesi.[2]
 
L'uso ricercato dei prestiti da altre lingue o da linguaggi settoriali favorisce la percezione della globalizzazione linguistica. Un fenomeno ormai noto in Italia è quello che potremmo definire l'anglomania. Così un ragazzo che è pervicacemente fissato su una idea è detto inflippato, lo spettatore televisivo che cambia spesso canale fa zapping, un termine che dall'inglese è transitato in Francia e da lì in Italia. Ma anche il fidanzato diventa, a partire dalla lingua dei paninari, un boy e la città diventa una city. Oppure si pensi all'utilizzo con spostamento ludico-funzionale di lemmi tecnologici (‘scrivimi i tuoi data’ = dammi il tuo indirizzo; zoomare = guardare con molto interesse, anche erotico).
In questi ultimi anni, forse in corrispondenza con il successo dei balli sud-americani, e grazie alla vicinanza linguistica tra italiano e spagnolo, attraverso la globalizzazione della musica leggera, il linguaggio giovanile italiano si è arricchito di ispanismi (da canzoni in spagnolo maccheronico nascono espressioni come non tengo dinero, vamos a la playa che però vuol dire ‘andiamo in piazza’). Renzo Arbore ha poi favorito, con la sua trasmissione Doc Club, nel 1989, il successo di Esperanza d'escobar, una canzone di Armando De Razza e Massimo Ghini, in cui il ritornello, basato su un evidente gioco allusivo sessuale, è una sorta di invocazione ad una fantomatica fidanzata che porta quel nome. Sulla stessa linea possiamo registrare l'uso di cucador per indicare un dongiovanni che ha successo con le donne, mentre in tempi più recenti non è raro, nel ringraziare un cameriere, sentirsi rispondere: de nada.
Sul piano spaziale il linguaggio giovanile ha come ambiti d'uso privilegiati la scuola, la musica, il movimento politico, il gruppo di pari dediti magari alla droga, lo sport, mentre, con l'eliminazione della ferma obbligatoria in Italia, la caserma, che, come aveva affermato De Mauro,[3] aveva contribuito alla unificazione della lingua italiana e aveva aumentato la percentuale di italofoni rispetto ai dialettofoni, ha perduto ogni ruolo di condizionamento linguistico-gergale.
Sul piano temporale e in una prospettiva diacronica il linguaggio giovanile italiano ha conosciuto una ampia e rapida variabilità, a partire dal gergo della goliardia pre-sessantottesca al linguaggio ‘sinistrese’ usato negli anni della contestazione studentesca, alle formule psicologico-intimiste della fine degli anni Settanta fino alla attuale fase post-moderna, anticipata dalla esperienza dei paninari, dei punk e dei dark. Una schedatura a tappeto dei termini del linguaggio giovanile in Italia è stata avviata anni or sono dal Dipartimento di Romanistica dell'Università di Padova e il dizionario è consultabile on-line sotto la voce Dizionario Lingua Giovani.[4]
In termini geografici si può invece parlare di differenze linguistiche tra Nord e Sud e tra città e campagna. Per limitarsi a qualche campione si potrebbe indicare l'uso spregiativo soprattutto al Nord del suffisso -ARO, meno frequente rispetto a -AIO. Sicché fricchettaro risulta più riduttivo di fricchettone così come borgataro è sentito come termine negativo più al Nord che al Centro o al Sud dove il suffisso -ARO è maggiormente in uso.
Per quanto riguarda il lessico il linguaggio giovanile italiano trae origine da ambiti diversi.
Nella fase colloquiale si possono ascoltare espressioni come mangiare la saraca = far conoscere un pettegolezzo; mi scende il latte ai ginocchi = mi sto annoiando; sono nel pallone = sono confuso; di brutto = molto, violentemente, brutalmente; alla grande = con molta soddisfazione, con successo. Ma si possono anche individuare differenze regionali. Ad esempio nell'Italia centrale da più di cinquant'anni si usa l'aggettivo togo, probabilmente di origine veneta, con il significato di simpatico, interessante, piacevole. Oppure nel Meridione, in particolare nel Napoletano, il superlativo è espresso dalla formula troppo+ aggettivo, troppo bello, oppure, come nel titolo di un film di Verdone, un sacco bello. Spesso si utilizzano prestiti da linguaggi settoriali come quelli della medicina o della tecnologia (arterio = arteriosclerotico, pazzo; è una flebo = è noioso; floppy = disponibile).
I lemmi gergali entrati nell'IS presentano tuttavia una tasso di durata molto differenziato. In alcuni casi ci imbattiamo in termini già presenti da più di un decennio nel parlato e in qualche modo omologati da classi sociali diverse da quelle di provenienza. È il caso di dritta = suggerimento; ganzo = fidanzato ma anche simpatico, piacevole; avere culo = essere fortunato; pirla = stupido; ciulare = fottere, ma anche infastidire; toppare = sbagliare. In altri casi la permanenza risulta più breve, come nel caso del linguaggio della droga, nel gergo dei paninari, ormai scomparsi dalla scena sociale italiana.
Merita invece una citazione particolare l'uso attuale di casino. Il termine che nei giovani degli anni cinquanta era sottoposto a censura e soprattutto era vietato alle fanciulle, indicando le cosiddette case di tolleranza gestite direttamente dallo stato, è rimasto nella lingua parlata e scritta anche dopo l'emanazione della legge Merlin che nel 1958 sancì (adotto un gioco di parole) la chiusura della case chiuse. Perduta l'efficacia referenziale, il lemma ora indica confusione, disordine, ma negli ultimi anni si è avverbializzato e non è raro ascoltare tra i giovani frasi come mi piace un casino per dire mi piace moltissimo.
E non bisogna trascurare l'influenza della pubblicità nei modi di dire utilizzati nella quotidianità. Anni or sono poteva capitare di chiedere a qualche amico:Questa macchina è nuova? E sentirsi rispondere: Lavata con Perlana, a conferma del successo che aveva avuto lo spot pubblicitario dell'ammorbidente. Oppure il professore che in classe ordinava: Silenzio veniva accolto dal commento della classe: Parla Agnesi, locuzione ripetuta ossessivamente dalla pubblicità della pasta di quella ditta.
La componente straniante ed ironica del linguaggio giovanile in Italia è concentrata sia sull'utilizzo di processi semantici di spostamento sia nell'adozione di modifiche di forme lessicali. Alla prima categoria appartengono:
-       le estensioni di significato: godo = sono contento; libidine = piacere; ciellino (cioè appartenente al movimento di Comunione e Liberazione di ispirazione cattolica) = scemo;
-          le esagerazioni: bestiale = eccezionale; pazzesco, mostruoso = interessantissimo; demenziale = attraente da impazzire;
-          l'uso delle metafore: martellare = colpire la fantasia; blindare = interrogare; gasarsi = esaltarsi; mi sparo un disco = ascolto musica.
Ampio spazio, proprio per il meccanismo di autocensura che da sempre accompagna tutto il vocabolario sessuale, è riservato alle metafore relative al coito: chiavare, ciulare, fottere, limonare, inchiappettare, montare, scopare, trombare, godere, venire; e a quelle che designano i genitali femminili e maschili (una gag di Benigni elenca un numero altissimo di termini che alludono all'organo sessuale femminile): fica, bernarda, sorca, fregna, civetta, gnocca, passera; per l'organo maschile: cazzo, bigolo, uccello, batocco, bischero, minchia = piccola pianta di menta.
Nella seconda categoria (quella della modifica lessicale) si registrano:
-          esotismi utilizzati in prospettiva ludica imitando l'inglese, una moda favorita anche dal successo di una canzone di Celentano, Svalutation: arrapescion = eccitazione sessuale, combinescion = combinazione, compilescion = graduatoria;
-          cambio di affissazioni: frequente l'uso di mega come superlativo: megagalattico, megaconcerto; malefico per maledetto;
-          sincopi: inascoltable = inascoltabile, impossible = impossibile:
-          apocopi: sono in para = sono in paranoia, è uno sclero = è uno sclerotico, ma si usa anche sclerare = perdere la ragione, il ben dell'intelletto.
Il processo di ibridazione tra il linguaggio giovanile, settoriale sul piano temporale e spaziale, e la lingua italiana parlata standard è costante e pervasivo soprattutto sul piano del lessico, anche se alcuni lemmi non riescono a superare la barriera gergale del gruppo ristretto mentre altri, per la viscosità stessa della lingua, vengono accettati dalla comunità più ampia e in qualche modo contestualizzati e risemantizzati.
Ad esempio parole come gallo = ragazzo bello, sfitinzia = ragazza del paninaro, cozza = brutta, autostrada = ragazza con poco seno, osram = uno che si abbronza con la lampada (dalla marca del prodotto), goldon boy = ragazzo scemo, con un gioco di assonanze tra golden boy e goldon = preservativo, hanno avuto tempo e spazio molto ridotti.
Altri termini invece come imbranato = impacciato, cesso = brutto, da disprezzare, sballo =
divertimento, usato anche con valore avverbiale, balordo = irregolare, stupido, mitico = ammirevole, troia = prostituta, essere una frana = essere impacciato, fare gaffes (questa locuzione è presente in una delle più famose canzoni di Claudio Baglioni Questo piccolo grande amore), fa cagare = fa schifo, sono ormai patrimonio, si fa per dire, dell'italiano parlato medio.
Un po' antilingua, un po' lingua di plastica[5], un po' gergo, il linguaggio dei giovani in Italia mantiene tuttavia intatta la sua prerogativa di creatività soggettiva, di torsione semantica e metaforica, di parole, attraverso la quale si esprime la libertà locutoria dell'individuo, garantendo un minimo di mobilità ad una langue come l'italiano d'oggi, per certi aspetti vicino all'Apocalisse globale temuta da Calvino:
 
Alle volte mi sembra che un'epidemia pestilenziale abbia colpito l'umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l'uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l'espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze.[6]
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Como citar: LUZI, Alfredo. "Il linguaggio giovanile in italia". In "Revista de Literatura Italiana", v. 2, n. 5, mai. 2021.  Disponível em: https://repositorio.ufsc.br/handle/123456789/224056


[1] Cfr. Edgar Radtke, La lingua dei giovani, Tubingen, Narr, 1993 e Edgar Radtke, ‘La dimensione internazionale del linguaggio giovanile’, in Emanuele Banfi e Alberto A.Sobrero, Il linguaggio giovanile degli anni Novanta.Regole, invenzioni, gioco, Bari, Laterza,1992, pp.5-44
[2] Umberto Eco, ‘Pronomi del passato’, in L'Espresso, n.34, anno LIV, 28.8.08, p.162.
[3] Cfr. Tullio De Mauro, Storia linguistica dell'Italia unita, Bari, Laterza, 1963
[4] Si può anche consultare il sito on-line Italysoft-Dizionari Moderni
[5] Cfr. Ornella Castellani Pollidori, ‘La lingua di plastica’, in Studi linguistici italiani, XVI, fasc. I, Roma, Salerno Ed.., 1990
[6] Italo Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Mondadori, 2006, p.66.