La poesia e la sapienza del mondo, di Marco Ceriani

Shakespeare chi?[1], di Beppe Provenzale

 

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Prima del Rinascimento, cambiano i parametri di bellezza e di estetica prosastica e poetica. La poesia rinascimentale inglese dell’età elisabettiana abbandona le tematiche allegoriche e religiose del precedente periodo medioevale, guarda all'Italia e ne imita i modelli, Boccaccio soprattutto. Surrey e Wyatt introducono il sonetto (usato sin dai tempi della Scuola poetica siciliana fondata da Federico di Svevia[2]) e praticano il blank verse (verso libero).
Poi arriva William Shakespeare, che non ha bisogno di presentazioni. Con il crescere della sua fama inizia una secolare diatriba sulla sua identità[3]. Gli Inglesi individuano un luogo natale (Stratford) e lo documentano insufficientemente, diffondendolo in tutto il mondo come verità unica e primigenia. Il padre è sellaio, guantaio, macellaio o simile, lui é accreditato di un’iscrizione all’appena istituita locale Grammar School; presunta tomba con torso degno di un oste soddisfatto. Nessun manoscritto. Di contro c’è una montagna di saggi scritti su una sua identità da danese ad araba mentre la più accreditata è quella italiana per le tante opere ambientate in Italia. I primi dubbi sulla nazionalità del Bardo vennero colti proprio in Italia, nei primi anni venti del secolo scorso, quando venne ritrovato un volume di proverbi, I secondi frutti, scritto nel XVI secolo da uno scrittore calvinista del Nord Italia, tale Michelangelo Crollalanza. Molti di questi detti sono gli stessi utilizzati da William Shakespeare nell’Amleto. Coincidenza? È la prima.
É recente un’ipotesi ‘siciliana’ del Prof. Martino Iuvara.
La introduco citando Ben(jamin) Jonson (1572-1637) che inserisce i primi dubbi sull’identità di WS. Egli amico e poeta testimonia una natura “trina” di Shakespeare dicendola formata da un “X” e 2 “contributors”. Nel suo First Folio (1623) dà notizia di un unicum di tre persone: un incerto William di Stratford già shakesper (posteggiatore di cavalli davanti ai teatri) che conosceva poco Latino e ancor meno Greco e due amici (a volta definiti fellows a volte contributors) John e Michelangelo Florio, traduttori, letterati ed eruditi, forse poeti e drammaturghi celati. Dunque un WS e due Florio. Secondo lo studioso Saul Gerevini “Il testamento di John Florio, scritto l’anno stesso della sua morte, rivela impressionanti affinità con il modo di scrivere e di pensare di Shakespeare. Ci sono evidenze che Florio e Will di Stratford vissero sempre a stretto contatto. Ci sono fondate evidenze che la loro collaborazione permise la produzione di tutte le opere di Shakespeare”.
Dunque un Will di Stratford, un John Florio e un Michelangelo (Michel Agnolo) Florio. A detta di alcuni omissis figlio e padre, cugini per altri omissis. Forse addirittura due John e due Michelangelo, aggiungendo altri omissis. Toscani per alcuni, Siciliani per altri. Una ridda d’ipotesi e nessun documento, se non ciò che loro stessi hanno scritto con calligrafia minuziosa e senza macchie; a differenza di quel Shakespeare di cui non esiste un solo manoscritto ma appena sei autografi simili più a un disegno copiato e ricopiato che a una firma voluta. Un rompicapo che potrebbe avere una spiegazione nella necessità di celarsi. Per Michelangelo gli storici parlano delle Inquisizioni (romana e inglese), per John del lavoro di Intelligence svolto (insieme a Giordano Bruno[4]) per conto di Sir Francis Walsingham[5] presso l’Ambasciata francese.

 

Il prof. Martino Iuvara nel suo saggio[6] (tra i meno documentati) sostiene che Michelangelo Florio[7], figlio di Giovanni e Guglielmina Crollalanza (da Piuro, Chiavenna) sia nato a Messina il 23 (o 24!) aprile 1564 (data ufficiale di nascita di WS) e vi sia vissuto per circa 16 anni. E dà anche ragione a chi sostiene che J. Florio sia venuto dal profondo sud. Informazione criptata nello pseudonimo “John Soowthern”[8].
Una Messina economicamente ricchissima e all’avanguardia nelle arti e allora anche tra le capitali del Rinascimento. Città di pietra e di marmo con 100.000 abitanti quando la Londra di legno e pochi mattoni ne aveva 70.000.
Non so quando né come ho cominciato a praticare una obliquazione di dati ed immagini e ho trovato qualcosa che aggiunge notizie originali, quasi conferme affini ad un’adiacenza Florio-Shakespeare.
Partito da un’architettura di Andrea Calamech (architetto carrarese attivo a Messina nella 2° metà del Cinquecento[9]) sono approdato alla commedia scespiriana Molto rumore per nulla ambientata a Messina[10]. Commedia di fondamentale importanza per alcune testimonianze sparse qua e là come elementi di un puzzle.
Nella commedia sono citati il Palazzo del Governatore (A. Calamech, 1565 circa, poi Palazzo reale)

 

 Palazzo del Governatore, poi Reale. Illustrazione dell’Autore

 

e il tempio greco eretto ad Ercole, cointestato a Manticlo[11] e infine dedicato a san Giovanni dei Fiorentini.
In questo intervallo tra il 1565 e il 1582 si colloca un’innegabile conoscenza della città. Indirettamente testimoniata da due importanti modifiche del loro status: il Palazzo che sino a quegli anni era stato detto ‘del Governatore’ perché residenza dello ‘Stratigoto’[12], solo successivamente  diventerà Reale.
Il tempio sarà demolito (1582 c.) e rimontato pezzo su pezzo in forma di chiesa della Controriforma. Bene, nella commedia firmata Shakespeare uno è ancora il Palazzo del Governatore e l’altro è il Tempio.
Per illustrare meglio gli elementi di contatto tra Messina e ‘Shakespeare’  elenco alcune istruttive spigolature da Molto rumore per nulla:

 

- Atto III, Scena II: L’aragonese Don Pedro pronuncia una frase rimasta un rebus per gli Inglesi: “She shall be buried with her face upwards.”. Dovranno seppellirla a faccia in su. Cosa significa? Tutti vengono sepolti così. E allora? La definizione messinese di una persona superba o semplicemente orgogliosa è “ca nasca addritta” (con il naso in su). Descrizione fedele di una Beatrice, innamorata di Benedetto, ma sempre orgogliosa, anche da morta.

 

- Atto III, Scena III : “…next morning at the Temple, and there, before the whole congregation shame her…” Domani mattina al Tempio, e là, davanti a tutta la congregazione la svergognerai… Questi versi citano non una chiesa qualsiasi, ma un tempio greco (v. n. 8). Assegnato ai Fiorentini residenti e successivamente ad una Congregazione di Preti Catechisti. Chi poteva conoscere questi particolari?

 

- Atto IV, Scena I, Beatrice usa una tipica espressione messinese tradotta in inglese: “ti manciu ‘u cori” “I will eat your heart”.
- Il nobilissimo governatore Lionato de’ Lionati (Leonato de’ Leonati) è un Papaleo discendente del Papa messinese San Leone?
- Il nome del capo della ronda Dogberry (corniolo, albero dal legno durissimo) calza la definizione messinese di poliziotto: testa ‘i lignu.
- c’è l’idioma messinese (v. n. 1) parlato dalla ronda, reso con uno strano linguaggio riecheggiante assonanze spagnole. Solo chi fosse vissuto a Messina poteva averne conoscenza e desiderio di citarlo.

 

Spigolature simili si potrebbero trovare in tutte le opere ‘italiane’ di WS, ma ciò non intacca minimamente l’attribuzione di una permanenza di Florio (Michelangelo? John?) a Messina. Il mistero sulla biografia di W.S. potrebbe essere proprio una trama-capolavoro di Shakespeare-Florio. Dovendo fuggire da Messina a causa della persecuzione religiosa (il padre era calvinista) si rifugia a Padova (i nomi di Rosencranz e Guildstein citati in Amleto, sono quelli di due studenti di quell’università), poi a Venezia (al Circolo Morosini conosce alcuni aristocratici inglesi che lo introdurranno nella cerchia del barone Burghley), quindi Venezia (? stessa casa di Otello), poi a Verona (innamorato di una certa Giulietta) e Milano (città della vera storia di Giulietta e Romeo e della Tempesta). Per finire in Inghilterra in casa di uno Shakespeare cugino della madre. Magari discendente da quel ramo piurese (Chiavenna) che, avendo fiorente banco a Londra, aveva già tradotto il suo nome Crolla Lanza in Shakespeare. Con una complicazione dalle tinte gialle.
John Florio (Londra 1553-Fulham 1625), da fonti inglesi è detto figlio di Michelangelo Florio[13], nato durante il regno di Edoardo VI. No, John stesso smentisce tutti con un’intraducibile  “an Englishman in Italiane” (“To the reader” dei “Second Fruits”, 1591) e, nell’epistola dedicatoria del World of Words (1598) si paragona a un “bouncing bo[y]je, Bacchus-like” un vivace ragazzo simile a Bacco”. Egli precisa che era figlio della “my Italian Semele, and English thigh”, cioè concepito in un grembo italiano e nutrito in una coscia genitrice inglese! Chiarita la nazionalità del ‘Giovanni venuto dal Sud’ (John Harding), qualche dubbio è legittimo sulle date e su un tempo relativo oscillante tra il Nuovo Calendario Gregoriano, i suoi aggiustamenti e la rarità degli orologi.
Nella fonti italiane invece John è il padre di Michelangelo. A meno di un nonno Michelangelo, un figlio John e un nipote ancora Michelangelo. Alla fine i nomi che si ricavano da questo voluto ‘polverone’ sono: John Florio, traducendo il nome del padre; William Shakespeare, traducendo il nome della madre; il William preso a prestito da un defunto figlio del guantaio/commerciante di pellami Shakespear di Stratford; il John Soowthern ‘Giovanni che proviene dal sud’. In aggiunta potrebbero esserci due William Shakespeare: l’attore che il contemporaneo scrittore Ben Jonson dice avere “poca conoscenza del latino e meno del greco” e il drammaturgo Florio che si cela firmandosi W.S. Un gentiluomo profondo conoscitore di musica, letteratura latina e greca, etichetta, termini giuridici e marinari, letterato che descrive l’Italia e mostra carattere e spirito italiano… e che ha anche la necessità di un “Vivi nascostamente”, tradotto come “Hyde thy life”. Annotazione importante.

John indirizza tale espressione al padre Michelangelo (epistola al lettore del Dizionario del 1598), ma la estende anche a se stesso.

Dopo la “disumana” vicenda di Michelangelo Florio (incarcerato dall’Inquisizione nel febbraio 1548, e miracolosamente riuscito a sfuggire all’esecuzione capitale (…) le vite dei Florio erano in pericolo di morte.
I due Florio, nobili ed interdetti a teatri e commedie diventano hidden poets, e clandestin dramatists. John Florio “… loved better to be a poet than to be counted so” (To the reader dei “Second Fruits”, 1591[14]).
Santi Paladino[15] afferma che questo era anche il “catechismo” di Michelangelo, simile a quello espresso da Falstaff nel “King Henry IV”.

 

“non vuole esporsi; non vuole correre rischi che possano troncare la sua esistenza mentre l’ha dedicata a condurre a maturazione i frutti della sua alta cultura (…) L’onore (…) lo incita nella sua nobile battaglia letteraria, ma (…) esponendo il suo vero nome (…) può essere rintracciato e ucciso, preferisce rinunciare alla gloria personale”.

 

Resta irrisolto un puzzle ben orchestrato da chi sapeva scrivere trame complicate e significative... un altro successo della produzione Shakespeare-Florio.

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Como citar: PROVENZALE, Beppe. "Shakespeare chi?". In "Revista de Literatura Italiana", v. 2, n. 5, mai. 2021.  Disponível em: https://repositorio.ufsc.br/handle/123456789/222841



[1] Articolo già apparso sulla rivista “Poesia e conoscenza”, diretta da Donatella Bisutti.
[2] Federico II imperatore e re di Sicilia con il nome di Federico I, auspicò (1231) che nel nuovo Palazzo Reale si istituisse “Messanae primum Academia sub ejusdem Imperatoris auspiciis ex eruditissimis viris conflata ad linguam Italicam in meliorem formam redigendam…” Un’Accademia che adotti il Siciliano come lingua nazionale italiana e ne migliori la forma. Un linguaggio sopraregionale capace di coniare neologismi e assimilare apporti dialettali italiani, francesi e d’oltralpe. Un’operazione condotta dalla Magna Curia e dai suoi funzionari-poeti, che al seguito dell’irrequieto imperatore modellano una nuova lingua fondendo e omologando quelle locali. La siciliana innanzitutto. La sede dell’Accademia é il Palazzo Reale di Messina. (Gallo C.D., Apparato…,  1756, 247)[2]. La stessa notizia è riportata in AA.VV. Messina e Dintorni, Messina, 1902, 369: “In quel palazzo sontuoso Federico lo Svevo aveva congregato i primi rimatori in lingua volgare”.     
[3] Ancor oggi due Università hanno un Master programme sull’argomento dell’identità di  Shakespeare: la Concordia University (Oregon, USA) e la Brunel University (London, U.K.).
[4] Barry, John, Giordano Bruno and the Embassy Affair,  New Haven, 1991
[5] L’inventore del primo Servizio di spionaggio e consigliere della regina Elisabetta I. Grazie a questa collaborazione furono intercettate alcune lettere provenienti dalla Francia che causarono la morte della regina Mary Stuart di per sé traditrice perché cattolica. Erano spedite dentro barili con una tecnica descritta in Amleto.
[6] Iuvara, Martino, Shakespeare era italiano, Ispica, 2002
[7] Michelangelo Florio studiò latino, greco e storia presso i Francescani di Messina prendendone il saio, ma a 15 anni fu costretto a fuggire con la famiglia in Veneto, a causa delle idee calviniste del padre, già condannato al rogo dal Sant'Uffizio (1548, Carceri di Tor di Nona) per aver pubblicato un libello sgradito alla Chiesa cattolica.
[8] John Harding, che ha dedicato anni di ricerca al rapporto Florio-Shakespeare, informa che intorno al 1584 J. Florio firmava con quello pseudonimo, traducibile con ‘Giovanni che proviene dal sud’.
[9] Provenzale, Giuseppe, Calamech in Messina, Mori ed., Carrara, 2016, passim
[10] La complicata trama della commedia è tratta, insieme a qualche nome, da una novella di Matteo Bandello. Volume che J. Florio aveva nella sua biblioteca. Pare che WS non avesse nemmeno uno scaffale. Novella elaborata e aggiunta di elementi senza dubbio tratti da una conoscenza diretta della città.
[11] Manticlo era un generale messeno. L’edificio era stato costruito intorno al 483 A.C. e conteneva due statue di enorme valore: un Cupido in marmo di Prassitele e un Ercole in bronzo di Mirone. Il vicerè Marc’Antonio Colonna lo aveva paragonato al Pantheon di Roma.
[12] La carica dello stratigoto era dell’epoca bizantina  e aveva il compito di far rispettare le leggi ed amministrare la giustizia. Successivamente e con il rango di co-capitale del Regno di Sicilia Messina costruisce il suo Palazzo Reale.
[13] Un esule italiano proveniente da Lucca (lo stesso fuggito dalle carceri di Tor di Nona?). Sappiamo poco sulla madre di John, forse  un’inglese conosciuta negli ambiti di lord Cecil Burghley. Ciò spiegherebbe la notevole conoscenza della lingua inglese.
[14] Come per i First Fruits, manuali di conversazione per l’insegnamento della lingua italiana.
[15] S. Paladino, Un italiano autore delle opere Shakespeariane ,1955, pgg. 21, 22 e 23.