La poesia e la sapienza del mondo, di Marco Ceriani

“Come scriverei bene se non ci fossi…” Il rapporto autore-lettore in Se una notte d’inverno un viaggiatore, di Alfredo Luzi

 

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Nell’intento di definire quella, in verità molto frastagliata, linea di confine che separa la welthanschauung del Novecento dalla concezione ottocentesca, incardinata sui principi di una letteratura pseudo-oggettiva, i critici europei indicano come punto di riferimento della modernità il testo di Baudelaire, Al lettore, collocato in apertura di Les fleurs du mal. Il poeta francese rompe la visione idillica e un po’ complice di un autore demiurgo che colloquia manzonianamente con i suoi 25 lettori e propone invece all’ “hypocrite lecteur- mon semblable – mon frère” un rapporto sinceramente conflittuale, un continuo gioco di scherma in cui l’aura si dissolve nell’esperienza dello choc ( per usare una immagine molto efficace di Benjamin).
E’ dunque a livello della soggettività primaria che si determina, tra fine Ottocento e primi anni del Novecento, quella incrinatura tra esperienza gnoseologica che tende alla classificazione del reale inteso come esterno e vita psichica interiore che si presenta sotto le forme di una successione indistinta di sfumature qualitative che nulla hanno a che vedere con la temporalità e la spazialità. Non a caso, sul piano filosofico, il bergsoniano Essai sur les données immediates de la conscience, pubblicato nel 1889, impostato sulla opposizione tra tempo e durata, termina con un capitolo conclusivo dedicato alla libertà, quasi un tentativo di svincolare l’uomo della modernità dagli schemi mentali in cui lo aveva rinchiuso la filosofia positivista. “ Nel Modernismo - afferma Fokkema - la relazione tra testo e rappresentazione del mondo è caratterizzata da una compresenza di dubbio epistemologico”[1] ed è la coscienza, da Joyce a Kafka a Pirandello a Svevo a Musil, il filtro epistemologico che traccia il cammino del romanzo europeo tra la fine del secolo scorso e la prima metà del Novecento.

Mi sembra significativo il fatto che nel capitolo VII di
Se una notte Calvino inserisca la citazione baudelairiana, ma spostando l’atteggiamento di simulazione, o meglio, in senso etimologico, di opera di interpretazione compiuta al di sotto delle parole, non più sul lettore ma sull’autore, quasi a voler sottolineare il passaggio dal Modernismo al Postmodernismo:
 
E’ tempo che questo libro in seconda persona si rivolga non più soltanto a un generico tu maschile, forse fratello e sosia d’un io ipocrita ma direttamente a te [2]
 
Indubbiamente una certa influenza sulla concezione letteraria di Calvino è stata esercitata dalla frequentazione personale e testuale di Barthes, di Queneau, dei componenti dell’Oulipo, studiosi e scrittori che hanno sempre posto in primo piano il problema della scrittura come segno, come spazio in cui avviare la sperimentazione di forme espressive vicine ai sistemi matematici e comprensive di vari modelli di conoscenza. Ma vorrei sottolineare il fatto che, almeno per quanto riguarda il problema del circuito autore-lettore, già in un poeta come Valéry è individuabile la consapevolezza della stretta connessione tra dinamica storica e dinamica semiologica nella circolazione letteraria. In Varieté ( che raccoglie suoi scritti fino al 1944, un anno prima della morte) egli infatti scrive: “il cambiamento d’epoca, che è un cambiamento di lettore, è paragonabile a un cambiamento del testo stesso, sempre imprevisto e incalcolabile”. A distanza di qualche anno Sartre, in una prospettiva esistenzialista, ribadirà in Che cos’è la letteratura l’operatività del rapporto dialettico tra scrivere e leggere:
 
L’oggetto letterario è una strana trottola che non esiste se non in movimento. Per farla nascere occorre un atto concreto che si chiama lettura, e essa dura tanto quanto può durare questa lettura (….). L’operazione dello scrivere implica quella di leggere come suo correlativo dialettico, e questi due atti comportano due agenti distinti. E’ lo sforzo congiunto dell’autore e del lettore che farà nascere quell’oggetto concreto e immaginario che è l’opera dello spirito”.[3]
 
Così come è da sottolineare, a livello di habitus metodologico e di traiettoria, per usare i termini di Bourdieu, la suggestione culturale che può aver esercitato sulle opzioni di Calvino il dibattito teorico e critico sviluppatosi in Europa e in America a partire dalla metà degli anni 60 fino alla metà degli anni 70. Pur nella loro varietà di impostazione , i presupposti epistemologici delle diverse correnti hanno un elemento in comune: la corrosione della centralità del soggetto sostituita dalla centralità del linguaggio. Sia sufficiente un cenno agli studi di Althusser, Deridda, Foucault, Greimas, Lacan, Wittgenstein in Europa, de Man, Bloom, Fish in America, Vattimo e i filosofi del ‛pensiero debole’ in Italia. Il post-strutturalismo e il decostruzionismo porteranno alle estreme conseguenze l’annullamento della distinzione tra soggetto e oggetto. La frammentazione, il decentramento del soggetto di derivazione cartesiana, centro unificante di ogni stato coscienziale, comporta la cancellazione dell’autore come coscienza originaria del testo e come entità generatrice di significati. Da questi postulati deriverà un globale sfaldamento e direi sovvertimento delle tradizionali concezioni di autore, testo, storia, lettore, interpretazione.
In questa prospettiva un ruolo importante nello spostamento dell’interesse critico dalla produzione alla fruizione letteraria è stato determinato dagli studi della Scuola di Costanza diretta da Jauss.
Lo spostamento più deciso creato dalle ricerche della Scuola di Costanza riguardava il centro di ravità della comprensione testuale.
Mentre questo, nel filone marxista, che ha come punti di riferimento Lukàcs e Goldmann, è individuato nell'autore e nella funzione referenziale del testo come rispecchiamento della realtà ( riflesso più o meno deterministico) o, al contrario, nell'estetica strutturalista è centrato sul linguaggio e sulla sua autoreferenzialità, nella teoria della ricezione è spostato fuori del testo,sul destinatario, che rappresenta il momento ultimo di una processualità dialogica di tipo intersoggettivo.
Eppure, proprio in tempi di dominio stilistico-strutturalista (nei primi anni '60 ) era stato pubblicato da Einaudi uno smilzo volumetto di José Maria Castellet, più noto come scrittore che come critico letterario di una Spagna che continuava a resistere al totalitarismo franchista, dal titolo significativo, L'ora del lettore[4]. In quel saggio, passato forse troppo in fretta sotto silenzio, si rivendicava all'atto della lettura il momento di sintesi fra produzione e fruizione, recuperando in questo modo una certa funzionalità del messaggio letterario che si esplica nella dialettica collettiva di autore-lettore.
Lo scrittore poneva tuttavia prevalentemente l'accento sulla crisi gnoseologica che aveva colpito l'autore del '900, costretto a chiedere aiuto al lettore per far luce in una visione del mondo, labirintica e disgregata.
Tornando a Jauss, è significativo il fatto che, al termine della prefazione italiana al secondo volume di Esperienza estetica ed ermeneutica letteraria Jauss faccia riferimento al Calvino di Se una notte d'inverno un viaggiatore come lo scrittore "che ha tematizzato l'avvenuto mutamento d'orizzonte", che "fa del Tu del lettore il protagonista del suo libro, un Tu che non può trasformarsi nel Lui di un carattere immobile e che invece può diventare l'Io sempre diverso di un narratore "[5] .
 In una prospettiva telescopica Se una notte d’inverno un viaggiatore presenta una struttura anfibolica impostata su una doppia processualità
 
Concentrazione - Dilatazione (processo di arricchimento)
Dispersione- Contrazione (processo di impoverimento)
 
che determina una sorta di pulsazione continua della lettura, quasi un ritmo respiratorio della narratività. Sulla base di questo movimento si realizza la totalità potenziale, congetturale, plurima, un nuovo modello combinatorio di struttura aperta di un romanzo che riassume in sé tutto il processo della comunicazione letteraria con le sue opposizioni costitutive in cui convivono positività e negatività. In questo senso Se una notte d’inverno un viaggiatore è un’opera collettiva ( trans-individuale direbbe Goldmann) in cui è problematizzata l’autorità ( auctoritas) dello scrittore e la compiutezza del prodotto letterario. Il testo, o meglio la testualità come produzione di senso, è realizzato dal lettore che legge dieci incipit diversi. Il lettore è insieme autore e lettore. Nel labirinto ermeneutica che Calvino propone il lettore non è altro che un viaggiatore testuale consapevole

Como citar: LUZI, Alfredo. "“Come scriverei bene se non ci fossi…” Il rapporto autore-lettore in eSe una notte d’inverno un viaggiatore", v. 2, n. 7, jul. 2021.  Disponível em: https://repositorio.ufsc.br/handle/123456789/224900


[1] D. Fokkema, Literary History, Modernism, Postmodernism, Amsterdam, Benjamins, 1984, p.16
[2] Se una notte d’inverno un viaggiatore, Torino, Einaudi, 1979, p.142
[3] J.-P. Sartre, Che cos’è la letteratura?, Milano, Il Saggiatore, 1960, p.138 (in orig.1948)
[4] J.M. Castellet, L’ora del lettore, Torino, Einaudi, 1962
5 H.R. Jauss, Esperienza estetica ed ermeneutica letteraria, vol.II, Bologna, Il Mulino, 1988, p.31