La poesia e la sapienza del mondo, di Marco Ceriani

Generare Dio, de Massimo Cacciari, por Juan Manuel Terenzi

 

Madonna col bambino dormiente
Andrea Mantegna

 

A coleção, a cargo do professor e filósofo Massimo Cacciari, denominada Icone. Pensare per immagini da editora italiana Il Mulino, possui como característica convidar um(a) pensador(a) italiano(a) para que este(a) construa um ensaio tendo como eixo norteador de sua escrita alguma imagem, ou imagens. Até agora já são treze títulos publicados, sendo que Massimo Cacciari contribui em dois deles: no livro que inaugura a coleção, Generare Dio (2017); e no diálogo com Riccardo Muti, maestro e diretor musical da Orquestra Sinfônica de Chicago, cujo título é Le sette parole di Cristo (2020). Farei algumas considerações acerca do primeiro deles. Antes, no entanto, algumas breves notas biográficas do autor.
Cacciari é filósofo e professor na Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e foi prefeito de Veneza de 1993 a 2000 e a também de 2005 a 2010. Entre as suas principais indagações no campo da filosofia, estão os pensadores Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger e Ludwig Wittgenstein, ficando explícita a sua predileção pelos filósofos vinculados ao “pensamento negativo” que se debruçaram, especialmente, sobre a questão do fim da filosofia e a possibilidade de gerar um pensamento não atrelado a um sistema totalizante. A sua posição religiosa, por sua vez, não se vincula a nenhuma crença ou religião em particular, dessa forma, a sua entrada especulativa em um tema espinhoso e de antiga discussão como é o nascimento de Jesus, está isenta de qualquer contaminação prévia. Ela está marcada absolutamente pela argumentação filosófico-artística, visto que as pinturas selecionadas e o ensaio filosófico caminham de mãos dadas.
Desde o título do ensaio, Generare Dio, percebe-se o questionamento que reside por trás desse generare; afinal, trata-se do nascimento de Jesus, consequentemente, de Deus, através da carnalidade de Maria. Cacciari, agnóstico e não cristão assumido, penetra no âmago mais profundo dessa questão que toca na concepção misteriosa inerente ao cristianismo, trazendo para o debate não apenas os quatro evangelhos canônicos do Novo Testamento de João, Lucas, Mateus e Marcos, mas também os Apócrifos do Novo Testamento, ou “Evangelhos Apócrifos” como são usualmente conhecidos.
Trata-se de um texto breve, porém denso em sua discussão filosófico-teológica e também  na riquíssima leitura dos quadros que vão sendo abordados ao longo das páginas[1] para dialogarem com o tema proposto. Dividido em dez capítulos[2]: “Nome: Maria”; “Deus amadurece”; “Maria medita”; “A sombra”; “O infante”; “Está fora”; “A cruz de Maria”; “As eleitas”; “Sophia”; “A idade do filho”, o itinerário de Cacciari está pautado pelas imagens que ele escolhe para que acompanhem as suas reflexões. O caminho de Maria e de Jesus está traçado desde o momento em que o anjo Gabriel anuncia-lhe que em seu ventre será concebido o filho de Deus, e que ao ouvir essa afirmação ela não precisa temer.
O início do ensaio está marcado pela imagem da Madonna que Mantegna retrata, em que Cacciari lê uma íntima relação anacrônica entre Maria/criança/Jesus na cruz, em que os traços doces de Maria – mas com uma feição de sofrimento – parecem nos convidar a respirar junto com a sua criança adormecida. Nessa relação, que nas palavras do filósofo italiano irá perdurar até o momento em que Jesus irá morrer na cruz, há um embate fortíssimo entre as dores de ambos, justamente por Maria ter concebido em seu ventre o filho de Deus: “E nel “raccoglierlo” anche lo medita, lo riflette, soffre le proprie domande insieme al destino di lui, le proprie domande sul destino di lui”[3].  O momento em que o anjo Gabriel aparece para Maria é marcante, Cacciari o explora com matizes filosóficos, mas também entranha seu pensamento nas raízes mais densas do pensamento cristão, extraindo longas considerações sobre o significado que está atrelado à Maria, “cheia de graça”: “Che significa essere “piena di grazia”? Né Zaccaria né Giuseppe lo sono. [...] Gabriele lo spiega: conciperai un figlio e lo partirorai, sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo”.[4]
Cacciari embrenha-se cada vez mais nessa árdua, dolorosa, porém inevitável relação entre Maria e Jesus, entre a carnalidade humana e a luz divina que deve ser concebida. Lemos no último capítulo: “Il Logos non si fa da sé semplicemente carne, e questa donna transcende da ogni lato l’emblema dell’anima che, gravida all’istante di Dio, Lo genera”[5].
Enfim, o ensaio de Cacciari permite que adentremos em uma das questões mais complexas não só do universo cristão, mas do universo do pensamento especulativo, levando-nos a percorrer esse caminho de luz e sombra, de humanidade e divindade, sem, no entanto, encerrar o seu argumento em um discurso dogmático; pelo contrário, a leitura de Generare Dio torna-se um convite a que se abram mais possibilidades dessa Anunciação.
 
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III. MARIA MEDITA
 
Sta scritto, tuttavia: nessuno conosce il Figlio se non il Padre. E la madre, che lo contiene in sé? Che ne ha accolto in sé il destino consentendo di generarlo? Può non comprenderne l’essenza? Oppure la comprende diversamente dal Padre, secondo una forma che a lei sola appartiene? Abbiamo visto che il “mè phoboû” non significa “acquietati, rassicurati, non dubiterai né soffrirai più”, bensì “non fuggire, Maria”, “affronta questa parola” per quanto meravigliosa-tremenda essa ti appaia. Sarà con questi occhi che Maria dovrà comprendere la propria creatura. E che siano proprio questi gli occhi della vera comprensione? Dopo l’annuncio di Gabriele, compiutosi il tempo, ad altri umili un angelo del Signore rivela l’evento: oggi nella città di Davide è nato un bambino per noi, su di lui è il segno del Messia (e ripete loro l’espressione usata per Zaccaria e per Maria: “mè phobeîsthe”). I pastori si recano allora nel luogo indicato e riferiscono a Giuseppe e Maria le parole dell’angelo. Un thauma aferra tutti quelli che le ascoltano: meraviglia e sgomento; Maria, da parte sua, non ascolta soltanto, ma medita, vuole intendere (syníemi) ciò che ode, raccogliendolo (symbállo) nel suo cuore. Il Sì pronunciato nell’istante dell’annuncio si rivela come il Sì a tale meditazione. L’ascolto obbediente non conclude il meditare, apre a esso. Ma si tratta di un voler intendere che ha forma particolare, quella che si esprime nel gesto del symbállein. Ciò che si è ascoltato lo si raccoglie in sé, così che esso diventa parte di noi, così che noi vi partecipiamo col nostro esserci, anima e corpo, mente e cuore. Altro modo non è dato di veramente intendere. Se intendere è penetrare nel problema che si impone, ciò non può avvenire senza che si entri in esso, divenendone parte. Raccoglierlo in noi significa raccoglierci in esso. Lo comprendiamo nella misura in cui ne siamo compresi. Esso non si risolve, scomparendo in quanto tale, nella nostra meditazione; è piuttosto la nostra stessa meditazione a non esprimerne altro che lo svolgimento, l’articolarsi, la vita.
Così medita Maria, come concependo. Ella ha ascoltato, raccolto e ora matura in sé, fa maturare e lascia maturi in sé ciò che ha raccolto. Perché esso maturi e cresca è necessario sia custodito. Meditare è perciò anche un custodire, conservare in sé la “verità” che appartiene a ciò che si è ascoltato e raccolto, e che dunque non è un nostro prodotto, non ci appartiene. Per quanto giungiamo a meditarlo, mai potremmo determinare la provenienza e il destino. Concepirlo è metterlo alla luce, farlo ek-sistere nella sua pienezza di vita, e inoltrarsi con lui per il cammino che sembra indicare, nella misura in cui ne siamo capaci. Quanto più la meditazione è in partecipe ascolto del problema che l’assilla, quanto più fermamente in sé stessa lo conserva e custodisce, tanto più riconosce che la radice che lo alimenta sfugge ai propri metra. Sa di custodirlo, ma il suo sapere non esercita alcun potere su ciò che custodisce. Nei suoi confronti essa è ontologicamente umile. Di questa altissima humilitas dello stesso pensare è icona il concepimento di Maria. Ma come? Mediterebbe il Verbo senza saperlo? Non comprenderebbe il significato delle parole profetiche che va leggendo nel Libro? E come dirla allora kecharitoméne? Colma di grazia per la sua stessa ignoranza? Colma di grazia perché capace di veramente generare – e generare è conoscere ciò che ha veramente vita propria, ciò che mostra di poter vivere in sé e per sé. Colma di grazia perché genera l’Altro da sé, perché questo ha deciso per sé, perché questo ha accolto e custodito. Malgrado proprio meditando comprenda ciò che le costerà partecipare alla vita di ciò che ha concepito, malgrado meditando già veda o intuisca quale destino dovrà condividere. Ella sa dall'inizio che intendere significa com-patire la vita di ciò che si vuole conoscere. È Simone, “expectans consolationem”, l’uomo giusto che attende il Messia, a indicarlo sulla soglia del tempio alla fanciulla che ha voluto essere madre: segno di contraddizione, “semeîon antilegómenon”, è ciò che hai concepito, “e anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Luca 2, 35). Una spada saranno per lei anche le parole che il figlio è venuto ad annunciare (Matteo 10, 34), o um fuoco che ora brucia (Luca 12, 49); in un lógion del Vangelo di Tommaso: “Colui che è vicino a me, è vicino al fuoco. Colui che è lontano da me, è lontano dal Regno”.
 
III. MARIA MEDITA
 
Está escrito, ainda: ninguém conhece o Filho a não ser o Pai. E a mãe, que o carrega em si? Que acolheu em si o destino consentindo em gerá-lo? Poderia ela não compreender a sua essência? Ou talvez a compreenda diferentemente do Pai, segundo uma forma que apenas a ela pertence? Vimos que o “mè phoboû” não significa “acalma-te, tranquiliza-te, não duvidarás nem sofrerás mais”, mas sim “não fuja, Maria”, “enfrenta esta palavra” por mais que ela te pareça maravilhosa-terrível. Será com estes olhos que Maria deverá compreender a própria criatura. E que sejam justamente estes os olhos da compreensão vera? Após o anúncio de Gabriel, consumado o tempo, o anjo do Senhor revela o evento para outros humildes: hoje na cidade de Davi nasceu uma criança para nós, sobre ele está o sinal do Messias (e lhes repete a expressão dita a Zacarias e à Maria: “mè phobeîsthe”). Os pastores vão até o local indicado e relatam a José e à Maria as palavras do anjo. Um thauma envolve todos aqueles que o ouvem: maravilhamento e espanto. Maria, da sua parte, não escuta apenas, mas também medita, deseja compreender (syníemi) aquilo que ouve, reunindo-o (symbállo) em seu coração. O Sim pronunciado no instante da anunciação se revela como o Sim para tal mediação. A escuta obediente não faz com que o meditar termine, mas permite uma abertura a ele. Mas se trata de um querer compreender que possui uma forma particular, a que se exprime no gesto do symbállein. Aquilo que foi ouvido se acolhe em si, de tal forma que isso faça parte de nós, de tal forma que nós participemos disso com a nossa existência. Alma e corpo, mente e coração. Não existe outra maneira de verdadeiramente compreender. Se compreender é penetrar no problema que se impõe, isso não pode ocorrer sem que se entre nele, tornando-se parte dele. Acolhê-lo em nós significa acolher-nos nele. O compreendemos na medida em que somos compreendidos. Isso não se resolve, desvanecendo enquanto tal, na nossa meditação; é, antes, a nossa própria meditação que não manifesta outra coisa a não ser o desenvolvimento, o articular-se, a vida.
Assim medita Maria, como se estivesse concebendo. Ela ouviu, acolheu e agora amadurece em si, faz amadurecer e torna maduro em si aquilo que ela acolheu. Para que isso amadureça e cresça é necessário que seja cuidado. Meditar é também por isso um cuidar, um conservar em si a “verdade” que pertence àquilo que se ouviu e acolheu, e que, portanto, não é um produto nosso, não nos pertence. Por mais que alcancemos a meditá-lo, jamais poderemos determinar a sua proveniência e o seu destino. Concebê-lo é colocá-lo à luz, fazê-lo ek-sistere na sua plenitude de vida, e adentrar com ele pelo caminho que parece indicar, na medida em que sejamos capazes. Quanto mais a meditação participa da escuta do problema que a atormenta, quanto mais firme em si mesma o conserva e o cuida, ela reconhece ainda mais que a raiz que o alimenta escapa aos próprios metra. Ela sabe que o cuida, mas o seu saber não exerce nenhum poder sobre aquilo que cuida. Nessa relação, ela é ontologicamente humilde. A concepção de Maria é um ícone dessa altissima humilitas do próprio pensar. Mas como? O Verbo meditaria sem sabê-lo? Não compreenderia o significado das palavras proféticas que lê no Livro? Como dizer agora kecharitoméne? Cheia de graça pela sua própria ignorância? Cheia de graça porque é capaz de gerar verdadeiramente – e gerar é conhecer aquilo que verdadeiramente tem vida própria, aquilo que mostra poder viver em si e para si. Cheia de graça porque gera o Outro a partir de si, porque isto o decidiu por si, porque isto acolheu e protegeu. Mesmo meditando talvez compreenda aquilo que lhe custará participar na vida daquilo que concebeu, mesmo meditando já veja ou intua qual destino deverá compartilhar. Ela sabe desde o início que compreender significa com-padecer a vida daquilo que se deseja conhecer. Será Simão, “expectans consolationem”, o homem justo que aguarda o Messias, a indicá-lo sobre o chão do templo à jovem que desejou ser mãe: sinal de contradição, “semeîon antilegómenon”, é o que concebeu, “sim, e uma espada traspassará a tua própria alma” (Lucas 2, 35). As palavras que o filho veio anunciar serão para ela uma espada (Mateus 10, 34), ou um fogo que agora arde (Lucas 12, 49); em um lógion do Evangelho de Tomé: “Aquele que está perto de mim está perto do fogo. Aquele que está longe de mim está longe do Reino”.
 
Registro aqui o meu agradecimento a Massimo Cacciari por autorizar a tradução do terceiro capítulo de seu ensaio Generare Dio.

Como citar: TERENZI, Juan Manuel. "Generare Dio, de Massimo Cacciari". In "Revista de Literatura Italiana", v. 2, n. 9, set. 2021.  Disponível em: https://repositorio.ufsc.br/handle/123456789/228096



[1] Todas as imagens estão disponíveis no final do livro. São elas: A Anunciação de Simone Martini e Lippo Memmi, A Anunciação de Pietro della Francesca, A Anunciação de Fra Angelico, A Anunciação na cela de São Marcos de Fra Angelico, Madonna com criança dormindo de Andrea Mantegna (2 pinturas diversas), Madonna com criança de Giovanni Bellini (2 pinturas diversas), A Piedade de Giovanni Bellini, A deposição da cruz de Rogier van der Weyden, Santíssima Trindade de Massaccio.
[2] Ao final da resenha, faço a tradução do terceiro capítulo, “Maria medita”, autorizada gentilmente por Massimo Cacciari.
[3] CACCIARI, Massimo. Generare Dio. Bologna: Il Mulino, 2017, p. 8.
[4] Idem, p. 16.
[5] Ibidem, p. 102.