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Literatura Italiana Traduzida ISSN 2675-4363
Filosofia
Juan Manuel Terenzi
Massimo Cacciari
em
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Madonna col bambino dormiente Andrea Mantegna |
A
coleção, a cargo do professor e filósofo Massimo Cacciari, denominada Icone. Pensare per immagini da editora italiana Il Mulino, possui como
característica convidar um(a) pensador(a) italiano(a) para que este(a) construa
um ensaio tendo como eixo norteador de sua escrita alguma imagem, ou imagens.
Até agora já são treze títulos publicados, sendo que Massimo Cacciari contribui
em dois deles: no livro que inaugura a coleção, Generare Dio (2017); e no diálogo com Riccardo Muti, maestro e
diretor musical da Orquestra Sinfônica de Chicago, cujo título é Le sette parole di Cristo (2020). Farei
algumas considerações acerca do primeiro deles. Antes, no entanto, algumas
breves notas biográficas do autor.
Cacciari
é filósofo e professor na Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e foi
prefeito de Veneza de 1993 a 2000 e a também de 2005 a 2010. Entre as suas
principais indagações no campo da filosofia, estão os pensadores Friedrich Nietzsche,
Martin Heidegger e Ludwig Wittgenstein, ficando explícita a sua predileção
pelos filósofos vinculados ao “pensamento negativo” que se debruçaram,
especialmente, sobre a questão do fim da filosofia e a possibilidade de gerar
um pensamento não atrelado a um sistema totalizante. A sua posição religiosa,
por sua vez, não se vincula a nenhuma crença ou religião em particular, dessa
forma, a sua entrada especulativa em um tema espinhoso e de antiga discussão
como é o nascimento de Jesus, está isenta de qualquer contaminação prévia. Ela está
marcada absolutamente pela argumentação filosófico-artística, visto que as
pinturas selecionadas e o ensaio filosófico caminham de mãos dadas.
Desde
o título do ensaio, Generare Dio,
percebe-se o questionamento que reside por trás desse generare; afinal, trata-se do nascimento de Jesus,
consequentemente, de Deus, através da carnalidade de Maria. Cacciari, agnóstico
e não cristão assumido, penetra no âmago mais profundo dessa questão que toca
na concepção misteriosa inerente ao cristianismo, trazendo para o debate não
apenas os quatro evangelhos canônicos do Novo Testamento de João, Lucas, Mateus
e Marcos, mas também os Apócrifos do Novo Testamento, ou “Evangelhos Apócrifos”
como são usualmente conhecidos.
Trata-se
de um texto breve, porém denso em sua discussão filosófico-teológica e também na riquíssima leitura dos quadros que vão
sendo abordados ao longo das páginas[1]
para dialogarem com o tema proposto. Dividido em dez capítulos[2]:
“Nome: Maria”; “Deus amadurece”; “Maria medita”; “A sombra”; “O infante”; “Está
fora”; “A cruz de Maria”; “As eleitas”; “Sophia”; “A idade do filho”, o
itinerário de Cacciari está pautado pelas imagens que ele escolhe para que
acompanhem as suas reflexões. O caminho de Maria e de Jesus está traçado desde
o momento em que o anjo Gabriel anuncia-lhe que em seu ventre será concebido o
filho de Deus, e que ao ouvir essa afirmação ela não precisa temer.
O
início do ensaio está marcado pela imagem da Madonna que Mantegna retrata, em
que Cacciari lê uma íntima relação anacrônica entre Maria/criança/Jesus na cruz,
em que os traços doces de Maria – mas com uma feição de sofrimento – parecem
nos convidar a respirar junto com a sua criança adormecida. Nessa relação, que
nas palavras do filósofo italiano irá perdurar até o momento em que Jesus irá morrer
na cruz, há um embate fortíssimo entre as dores de ambos, justamente por Maria
ter concebido em seu ventre o filho de Deus: “E nel “raccoglierlo” anche lo
medita, lo riflette, soffre le proprie domande insieme al destino di lui, le
proprie domande sul destino di lui”[3]. O momento em que o anjo Gabriel aparece para
Maria é marcante, Cacciari o explora com matizes filosóficos, mas também
entranha seu pensamento nas raízes mais densas do pensamento cristão, extraindo
longas considerações sobre o significado que está atrelado à Maria, “cheia de
graça”: “Che significa essere “piena di grazia”? Né Zaccaria né Giuseppe lo
sono. [...] Gabriele lo spiega: conciperai un figlio e lo partirorai, sarà
grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo”.[4]
Cacciari
embrenha-se cada vez mais nessa árdua, dolorosa, porém inevitável relação entre
Maria e Jesus, entre a carnalidade humana e a luz divina que deve ser
concebida. Lemos no último capítulo: “Il Logos non si fa da sé semplicemente
carne, e questa donna transcende da ogni lato l’emblema dell’anima che, gravida
all’istante di Dio, Lo genera”[5].
Enfim,
o ensaio de Cacciari permite que adentremos em uma das questões mais complexas
não só do universo cristão, mas do universo do pensamento especulativo,
levando-nos a percorrer esse caminho de luz e sombra, de humanidade e
divindade, sem, no entanto, encerrar o seu argumento em um discurso dogmático;
pelo contrário, a leitura de Generare Dio
torna-se um convite a que se abram mais possibilidades dessa Anunciação.
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III. MARIA MEDITA
Sta
scritto, tuttavia: nessuno conosce il Figlio se non il Padre. E la madre, che
lo contiene in sé? Che ne ha accolto in sé il destino consentendo di generarlo?
Può non comprenderne l’essenza? Oppure la comprende diversamente dal Padre,
secondo una forma che a lei sola appartiene? Abbiamo visto che il “mè phoboû”
non significa “acquietati, rassicurati, non dubiterai né soffrirai più”, bensì
“non fuggire, Maria”, “affronta questa parola” per quanto meravigliosa-tremenda
essa ti appaia. Sarà con questi occhi che Maria dovrà comprendere la propria
creatura. E che siano proprio questi gli occhi della vera comprensione? Dopo l’annuncio di Gabriele, compiutosi il
tempo, ad altri umili un angelo del Signore rivela l’evento: oggi nella città
di Davide è nato un bambino per noi, su di lui è il segno del Messia (e ripete
loro l’espressione usata per Zaccaria e per Maria: “mè phobeîsthe”). I pastori
si recano allora nel luogo indicato e riferiscono a Giuseppe e Maria le parole
dell’angelo. Un thauma aferra tutti
quelli che le ascoltano: meraviglia e sgomento; Maria, da parte sua, non ascolta
soltanto, ma medita, vuole intendere (syníemi)
ciò che ode, raccogliendolo (symbállo) nel suo cuore. Il Sì
pronunciato nell’istante dell’annuncio si rivela come il Sì a tale meditazione.
L’ascolto obbediente non conclude il meditare, apre a esso. Ma si tratta di un
voler intendere che ha forma particolare, quella che si esprime nel gesto del symbállein. Ciò che si è ascoltato lo si
raccoglie in sé, così che esso diventa parte di noi, così che noi vi
partecipiamo col nostro esserci, anima e corpo, mente e cuore. Altro modo non è
dato di veramente intendere. Se
intendere è penetrare nel problema che si impone, ciò non può avvenire senza
che si entri in esso, divenendone parte. Raccoglierlo in noi significa
raccoglierci in esso. Lo comprendiamo nella misura in cui ne siamo compresi.
Esso non si risolve, scomparendo in quanto tale, nella nostra meditazione; è
piuttosto la nostra stessa meditazione a non esprimerne altro che lo
svolgimento, l’articolarsi, la vita.
Così
medita Maria, come concependo. Ella
ha ascoltato, raccolto e ora matura in sé, fa maturare e lascia maturi in sé
ciò che ha raccolto. Perché esso maturi e cresca è necessario sia custodito. Meditare
è perciò anche un custodire, conservare in sé la “verità” che appartiene a ciò
che si è ascoltato e raccolto, e che dunque non è un nostro prodotto, non ci
appartiene. Per quanto giungiamo a meditarlo, mai potremmo determinare la
provenienza e il destino. Concepirlo è metterlo
alla luce, farlo ek-sistere nella
sua pienezza di vita, e inoltrarsi con lui per il cammino che sembra indicare,
nella misura in cui ne siamo capaci. Quanto più la meditazione è in partecipe
ascolto del problema che l’assilla, quanto più fermamente in sé stessa lo
conserva e custodisce, tanto più riconosce che la radice che lo alimenta sfugge
ai propri metra. Sa di custodirlo, ma
il suo sapere non esercita alcun potere
su ciò che custodisce. Nei suoi confronti essa è ontologicamente umile. Di questa altissima humilitas dello stesso pensare è icona il concepimento di
Maria. Ma come? Mediterebbe il Verbo senza saperlo? Non comprenderebbe il
significato delle parole profetiche che va leggendo nel Libro? E come dirla
allora kecharitoméne? Colma di grazia
per la sua stessa ignoranza? Colma di grazia perché capace di veramente
generare – e generare è conoscere ciò che ha veramente vita propria, ciò che
mostra di poter vivere in sé e per sé. Colma di grazia perché genera l’Altro da
sé, perché questo ha deciso per sé, perché questo ha accolto e custodito.
Malgrado proprio meditando comprenda ciò che le costerà partecipare alla vita
di ciò che ha concepito, malgrado meditando già veda o intuisca quale destino
dovrà condividere. Ella sa dall'inizio
che intendere significa com-patire la
vita di ciò che si vuole conoscere. È Simone, “expectans consolationem”, l’uomo giusto che attende il Messia, a
indicarlo sulla soglia del tempio alla fanciulla che ha voluto essere madre:
segno di contraddizione, “semeîon
antilegómenon”, è ciò che hai concepito, “e anche a te una spada trafiggerà
l’anima” (Luca 2, 35). Una spada saranno per lei anche le parole che il figlio
è venuto ad annunciare (Matteo 10, 34), o um fuoco che ora brucia
(Luca 12, 49); in un lógion del Vangelo di Tommaso: “Colui che è vicino
a me, è vicino al fuoco. Colui che è lontano da me, è lontano dal Regno”.
III. MARIA MEDITA
Está
escrito, ainda: ninguém conhece o Filho a não ser o Pai. E a mãe, que o carrega
em si? Que acolheu em si o destino consentindo em gerá-lo? Poderia ela não
compreender a sua essência? Ou talvez a compreenda diferentemente do Pai,
segundo uma forma que apenas a ela pertence? Vimos que o “mè phoboû” não significa
“acalma-te, tranquiliza-te, não duvidarás nem sofrerás mais”, mas sim “não
fuja, Maria”, “enfrenta esta palavra” por mais que ela te pareça maravilhosa-terrível.
Será com estes olhos que Maria deverá compreender a própria criatura. E que
sejam justamente estes os olhos da compreensão vera? Após o anúncio de Gabriel, consumado o tempo, o anjo do
Senhor revela o evento para outros humildes: hoje na cidade de Davi nasceu uma
criança para nós, sobre ele está o sinal do Messias (e lhes repete a expressão
dita a Zacarias e à Maria: “mè phobeîsthe”). Os pastores vão até o local
indicado e relatam a José e à Maria as palavras do anjo. Um thauma envolve todos aqueles que o
ouvem: maravilhamento e espanto. Maria, da sua parte, não escuta apenas, mas
também medita, deseja compreender (syníemi)
aquilo que ouve, reunindo-o (symbállo) em seu coração. O Sim
pronunciado no instante da anunciação se revela como o Sim para tal mediação. A
escuta obediente não faz com que o meditar termine, mas permite uma abertura a
ele. Mas se trata de um querer compreender que possui uma forma particular, a
que se exprime no gesto do symbállein.
Aquilo que foi ouvido se acolhe em si, de tal forma que isso faça parte de nós,
de tal forma que nós participemos disso com a nossa existência. Alma e corpo, mente
e coração. Não existe outra maneira de verdadeiramente compreender. Se compreender é penetrar no problema que se impõe,
isso não pode ocorrer sem que se entre nele, tornando-se parte dele. Acolhê-lo
em nós significa acolher-nos nele. O compreendemos na medida em que somos
compreendidos. Isso não se resolve, desvanecendo enquanto tal, na nossa
meditação; é, antes, a nossa própria meditação que não manifesta outra coisa a
não ser o desenvolvimento, o articular-se, a vida.
Assim
medita Maria, como se estivesse concebendo.
Ela ouviu, acolheu e agora amadurece em si, faz amadurecer e torna maduro em si
aquilo que ela acolheu. Para que isso amadureça e cresça é necessário que seja cuidado.
Meditar é também por isso um cuidar, um conservar em si a “verdade” que
pertence àquilo que se ouviu e acolheu, e que, portanto, não é um produto
nosso, não nos pertence. Por mais que alcancemos a meditá-lo, jamais poderemos
determinar a sua proveniência e o seu destino. Concebê-lo é colocá-lo à luz, fazê-lo ek-sistere na sua plenitude de vida, e
adentrar com ele pelo caminho que parece indicar, na medida em que sejamos
capazes. Quanto mais a meditação participa da escuta do problema que a
atormenta, quanto mais firme em si mesma o conserva e o cuida, ela reconhece
ainda mais que a raiz que o alimenta escapa aos próprios metra. Ela sabe que o cuida, mas o seu saber não exerce nenhum poder sobre aquilo que cuida. Nessa
relação, ela é ontologicamente
humilde. A concepção de Maria é um ícone dessa altissima humilitas do próprio pensar. Mas como? O Verbo meditaria
sem sabê-lo? Não compreenderia o significado das palavras proféticas que lê no
Livro? Como dizer agora kecharitoméne?
Cheia de graça pela sua própria ignorância? Cheia de graça porque é capaz de
gerar verdadeiramente – e gerar é conhecer aquilo que verdadeiramente tem vida
própria, aquilo que mostra poder viver em si e para si. Cheia de graça porque
gera o Outro a partir de si, porque isto o decidiu por si, porque isto acolheu
e protegeu. Mesmo meditando talvez compreenda aquilo que lhe custará participar
na vida daquilo que concebeu, mesmo meditando já veja ou intua qual destino
deverá compartilhar. Ela sabe desde o início que compreender significa com-padecer a vida daquilo que se deseja
conhecer. Será Simão, “expectans
consolationem”, o homem justo que aguarda o Messias, a indicá-lo sobre o
chão do templo à jovem que desejou ser mãe: sinal de contradição, “semeîon antilegómenon”, é o que
concebeu, “sim, e uma espada traspassará a tua própria alma” (Lucas 2, 35). As
palavras que o filho veio anunciar serão para ela uma espada (Mateus 10, 34),
ou um fogo que agora arde (Lucas 12, 49); em um lógion do Evangelho de Tomé: “Aquele que está perto de mim está
perto do fogo. Aquele que está longe de mim está longe do Reino”.
Registro aqui o meu agradecimento a Massimo Cacciari
por autorizar a tradução do terceiro capítulo de seu ensaio Generare Dio.
Como citar: TERENZI, Juan Manuel. "Generare Dio, de Massimo Cacciari". In " Revista de Literatura Italiana", v. 2, n. 9, set. 2021. Disponível em: https://repositorio.ufsc.br/ handle/123456789/228096
[1] Todas as
imagens estão disponíveis no final do livro. São elas: A Anunciação de Simone Martini e Lippo Memmi, A Anunciação de Pietro della Francesca, A Anunciação de Fra Angelico, A
Anunciação na cela de São Marcos de Fra Angelico, Madonna com criança dormindo de Andrea Mantegna (2 pinturas
diversas), Madonna com criança de
Giovanni Bellini (2 pinturas diversas), A
Piedade de Giovanni Bellini, A
deposição da cruz de Rogier van der Weyden, Santíssima Trindade de
Massaccio.
[2] Ao final
da resenha, faço a tradução do terceiro capítulo, “Maria medita”, autorizada
gentilmente por Massimo Cacciari.
[3] CACCIARI,
Massimo. Generare Dio. Bologna: Il
Mulino, 2017, p. 8.
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